sabato 31 gennaio 2015

ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: UN SISTEMA POLITICO ESAUSTO. Di Franco Astengo | AUTOCONVOCATI PER L'OPPOSIZIONE

ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: UN SISTEMA POLITICO ESAUSTO. Di Franco Astengo | AUTOCONVOCATI PER L'OPPOSIZIONE

Egypte : toute la lumière doit être faite sur la meurtre de Shaima al Sabagh | PS - Parti socialiste

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Munchau: la Merkel davanti ai cocci della sua politica sulla crisi

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Grecia: Tsipras e la sua politica anti-austerity

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La Germania e l’Europa. I primi segnali e le ragioni del cambiamento

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La Grecia mette l’euro di fronte ad un bivio

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venerdì 30 gennaio 2015

Varoufakis: Come ridurre il debito senza creare recessione | Keynes blog

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Lezione da Atene: questa Europa è troppo fragile

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Grecia: domande e risposte

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We Need An Industrial And Innovation Policy For Europe

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The Three Elements Of A New Deal For Greece And The Eurozone

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The ECB’s quantitative easing programme | New Economics Foundation

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Paul Krugman: Syriza should ignore calls to be responsible

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The new Greek government: SYRIZA, condemned to succeed | Aspenia online

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Apertacontrada » Quantitative easing per una banca centrale “normale”?

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giovedì 29 gennaio 2015

Andrea Ermano: Accecamenti e cecità

Accecamenti e cecità Dall'Avvenire dei lavoratori di Andrea Ermano Non l'hanno presa niente bene lassù, nel profondo nord. Ma ormai il premier greco è quello. E chissà cosa succederà adesso. Per dovere di cronaca, vale la pena tenere presente che la prognosi di George Soros suona, da tempo, così: o la Germania accetterà di mutualizzare parte consistente del debito pubblico europeo, inverando in tal modo la propria leadership continentale e compiendo un passo avanti verso gli Stati Uniti d'Europa, oppure potrebbe toccare proprio alla Repubblica Federale, alla fine, di dover uscire dal club della moneta unica. Anche Helmut Schmidt e Joschka Fischer glielo dicono ormai da anni, ai loro connazionali, che meglio sarebbe per Berlino evitare di confliggere con l'Europa, "per la terza volta in un secolo". Martin Schulz, Alexis Tsipras: ancora amici? Possedendo due gobbe ricche di provviste alimentari, i cammelli tendono a un concetto francamente ideologico della povertà, il quale consiste nell'associare alla carenza di gobbe uno stato d'inferiorità morale e/o intellettuale. La parola cammello sta qui per i sofismi cui incliniamo nascendo o diventando ricchi. Errori tipici, di cui Platone, il più intelligente tra i ricchi e il più ricco tra gli intelligenti, si accorse solo dopo le sue disavventure siracusane. E allora scrisse: “Quando essi compongono inni sulle stirpi sostenendo che uno è nobile perché può mostrare sette antenati ricchi, lui ritiene che questo elogiare si addica a coloro che vedono poco e ottusamente… Ciascuno ha un numero sterminato di avi e progenitori, nel quale si trovano i ricchi e i poveri, i re e gli schiavi, i greci e i barbari…Vacua alterigia della loro anima dissennata.” La cecità mentale non equivale a un semplice oscuramento della vista in rapporto a certe cose, in sé visibilissime, eppure cocciutamente "invisibili". La cecità mentale è duplice. Perché, se il non vedente "semplice" – prendiamo Tiresia – sa almeno di non vedere, l'individuo affetto da cecità mentale – per esempio Edipo – non solo ignora la sua situazione, ma neppure sospetta di essere un ignorante pressoché totale. Così, il cieco-veggente Tiresia a un certo punto si spazientisce e sbotta contro Edipo Re: "cecato sei, e d'orecchi e d'intelletto e d'occhi". Parole scolpite da Sofocle nella letteratura mondiale mediante una meravigliosa, ma martellante smitragliata allitterativa greca: Typhlòs tá t'ôta tón te noûn tá t'ómmat'eî. Tra le cause principali della cecità mentale il Nobel per l'economia Daniel Kahneman annovera: a) le suggestioni, b) i pregiudizi, c) gli automatismi e d) la pigrizia. Per esempio, se i media ci forniscono in modo suggestivo la notizia secondo cui Putin non va al settantesimo dalla liberazione di Auschwitz, noi automaticamente immaginiamo si tratti del solito gesto polemico di un personaggio poco raccomandabile, e ci risparmiamo ulteriori approfondimenti. Dai quali approfondimenti evinceremmo, però, che sono state le autorità del luogo a non avere invitato l'inquilino del Cremlino. Eppure, Auschwitz è stata liberata dall'Armata rossa al prezzo di sangue russo. <> Socrate venne messo a morte perché non credeva abbastanza nelle divinità dell'Olimpo, Gesù non credeva abbastanza in Cesare e nei Sacerdoti del Sinedrio, Giordano Bruno nella Controriforma, Ghandi nell'Induismo, Martin Luther King nella razza bianca. Tutti gli intellettuali hanno, ammettiamolo, le loro fisime, sempre buffe all'ora dell'aperitivo: la coscienza (Socrate), l'amore universale (Gesù), l'infinito (Giordano Bruno), la non-violenza (Ghandi), l'eguaglianza (Martin Luther King). Quali fisime aveva il geniale fumettista Wolinski? Posto che Allah è grande e che Maometto è il Suo profeta, sarà lecito mettere in discussione l'universo culturale islamico laddove esso si traduca in oppressione? E, per converso, posta la liceità di criticare l'Islam, facciamo bene a usare questa critica come un'arma impropria, per irridere e umiliare vaste masse di manodopera d'importazione postcoloniale, quasi volessimo occultarne lo sfruttamento e l'emarginazione dietro a pompose chiacchiere sul "conflitto di civiltà"? E, tuttavia, è inconcepibile che, a settant'anni dalla liberazione di Auschwitz, essere ebrei in Europa ricomporti il rischio di morire ammazzati da sconosciuti in una sinagoga, in un supermercato o nella redazione di un giornale satirico. Georges David Wolinski, ebreo europeo e veterano di Charlie Hebdo morto ammazzato il 7 gennaio scorso a Parigi, amava soprattutto due cose: la politica e, diciamo, il Delta di Venere. Domanda: se uno insulta Venere, credete voi che papa Bergoglio gli dia un pugno? Certo che no. Eppure Venere ci è madre non meno di nostra madre. Nel senso che i bambini umani in realtà vengono alla luce prematuri, molto prematuri. Cioè non fuoriescono facilmente dal grembo materno come i cavallini e altri cuccioli d'animale, i quali appena nati già subito trottano e galoppano. Gli uomini no. A causa di una loro testa sproporzionatamente grossa devono essere espulsi finché riescono ancora ad uscire, cioè molto presto. Sicché là fuori, nel mondo, li attende un tasso di mortalità molto elevato. La morte infantile. La morte infantile è stata compensata durante migliaia e migliaia di anni, fino alle scoperte della medicina contemporanea, da una media di sette parti per donna. Vi si pensa? Dunque, per un verso, senza Venere, cioè senza la nostra pazza, bizzarra ed eccessiva sessualità umana, oggi noi saremmo tutti… non nati. Per l'altro verso, non vi si pensa a quanto sangue costi l'essere noi invece qui, in cima a questa piramide di umane generazioni, che qualcuno (qualcuna) avrà pur partorito… E allora, per dirla con Wolinski e con il suo sarcasmo: «Bisogna migliorare la condizione della donna: per esempio ingrandendo le cucine, abbassando i lavelli o isolando meglio i manici delle casseruole.» Georges David Wolinski (Tunisi, 28.6.1934 – Parigi, 7.1.2015) Il presidente egiziano Al Sisi, il 28 dicembre scorso all'università Al-Azhar del Cairo, in presenza delle massime autorità religiose del paese, ha detto: "E' inconcepibile che l'ideologia che noi santifichiamo faccia della nostra intera nazione una fonte di preoccupazione, pericolo, morte e distruzione nel mondo intero. Non mi riferisco alla "religione" bensì alla "ideologia" – al corpo d'idee e di testi che abbiamo sacralizzato nel corso di secoli, fino a che diventa difficile rimetterli in discussione. Abbiamo raggiunto il punto in cui questa ideologia è ostile al mondo intero. È concepibile che 1,6 miliardi di musulmani uccidano il resto della popolazione mondiale, per vivere da soli? E' inconcepibile. Io dico queste cose ad Al-Azhar, qui, davanti ad autorità religiose e a studiosi. Che Allah possa testimoniare nel Giorno del Giudizio della sincerità del vostro intendere, riguardo a quello che vi dico oggi. Non potete vedere le cose con chiarezza quando siete imprigionati in questa ideologia. Dovete uscirne e guardare le cose da fuori, per avvicinarvi a una visione illuminata. Dovete opporvi a questa ideologia con determinazione. Abbiamo bisogno di rivoluzionare la nostra religione... la nazione islamica è lacerata, distrutta, avviata alla rovina. Noi stessi la stiamo conducendo alla rovina". Nobili parole che potrebbero valere, con gli aggiustamenti del caso, per tutte le grandi civiltà contemporanee.

Paolo Zinna: Storia della Presidenza, fuori dai miti – seconda parte

Storia della Presidenza, fuori dai miti – seconda parte

Luoghi di culto, PD contro Maroni

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Quantitative Easing, dopo di me il diluvio? | Economia e Politica

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La dittatura del debito in Europa e le possibili vie di fuga | Economia e Politica

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mercoledì 28 gennaio 2015

Reati fiscali: una riforma contraddittoria - Associazione "Nuova Economia Nuova Società"

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Matteo Renzi, un homme politique nouveau? - Telos

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The Three Flaws Of The ECB's QE Programme

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The Greek Hope

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The Return Of The German Question

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Franco Astengo: Syriza al governo

SYRIZA AL GOVERNO: NON E’ PIU’ IL TEMPO DELLE “MAGNIFICHE SORTI E PROGRESSIVE”? di Franco Astengo dal blog: http://autoconvocatiperlopposizione.com Syriza taglia il traguardo del governo in Grecia alleandosi con un partito nazionalista definito da media “di destra” (secondo il vecchio schema che non esiste un nazionalismo di sinistra almeno in Europa. E’ diverso in Sud America.) “Podemos” (soggetto politico spagnolo, ma in stretto contatto con il Sud America e in particolare la Bolivia) si dichiara d’accordo. Pare formarsi nel Sud del Vecchio Continente quasi una “Internazionale nazional-populista” in nome della lotta all’austerità germanica. Da tempo si sta cercando di lavorare per un aggiornamento della classica “teoria delle fratture” e, forse, questa volta c’è materiale per un deciso passo avanti su questa strada. Con quale qualità dell’azione politica e con quale emergenza concreta i due movimenti, Syriza e Podemos (molto diversi tra loro dal punto di vista della scaturigine politica e anche dei riferimenti sociali) si trovano a dover fare i conti puntando direttamente a un’azione di governo? Che cosa ha diffuso, a piene mani, l’Europa degli gnomi di Bruxelles e Francoforte? Prima di tutto la contraddizione più evidente è sembrata essere quella dell’ideologia del pessimismo. L’ideologia del pessimismo ha compiuto, in questi ultimi anni, un vero e proprio salto di qualità. Sembra essere stato accantonato il dibattito sul “concetto di limite” e sulla “decrescita felice” di Latouche: due termini sui quali si era sviluppata la discussione intorno ad un’ipotesi di “nuove contraddizioni post-materialiste” da intrecciare con quella classica – definita “principale”- del conflitto tra capitale e lavoro per determinare una nuova teoria delle “fratture” sulla base della quale impostare il rinnovamento dell’azione politica progressista in modo da comprendere appieno anche la realtà della globalizzazione. Dallo scenario di vera e propria “tregenda epocale” che l’aggressività della gestione del cosiddetto neo-capitalismo (non restringibile come fanno alcuni al semplice neo-liberismo”) emergono questioni che paiono arrestare (e invertire) il corso della storia, al punto da far parlare di una fase di vero e proprio arretramento. E’ questo, dell’arretramento storico, il vero punto in questione della vicenda europea: quello della difesa dei privilegi di classe in un quadro di declino. Le diseguaglianze sociali (accuratamente descritte nell’opera di Piketty) appaiono non soltanto in fase di ulteriore allargamento ma anche non affrontabili, almeno nel breve, in termini anche di semplice “riduzione del danno” come avvenne nella fase centrale del XX secolo e il quadro generale che questo fenomeno produce è stato definito come quello del “declinismo”. Spiega Gabriele Romagnoli in una sua riflessione pubblicata da “Repubblica”: “ Il declinismo è un’ideologia diffusa, una delle ultime. Contrariamente a quel che pensano i suoi detrattori, pur avendo a che fare con la nostalgia e la presbiopia, non è una malattia senile: può colpire a qualunque stadio della vita, giacché un trentenne può convincersi che l’età dell’oro sia già trascorsa, il grande avvenire dietro le spalle, oggi sia peggiore di ieri e non meglio di domani…”. Sarebbe così ormai smarrita, in una parte larga dell’immaginario collettivo, l’idea del progresso, dell’ “andare avanti”, dell’inoltrarsi nei sentieri e nei meandri della storia. Appare arrestato il procedere verso l’orizzonte e il peso dello sfruttamento e il cumulo delle ingiustizie sociali resterebbero a gravare sul collo di gran parte dell’umanità e il solo discorso possibile sarebbe quello di una sorta di “pietà trascendente”. Syriza e Podemos hanno in comune la necessità di espressione di un fronte “no debito” e “anti-austerity” che interessa principalmente i paesi mediterranei dell’Unione particolarmente esposti alle politiche finanziarie restrittive imposte da Bruxelles e dalla Troika. I due soggetti hanno origini diverse: Syriza nasce dall’assemblaggio di diversi soggetti della sinistra greca, mentre Podemos nasce per un’iniziativa sviluppata a tavolino da un gruppo d’intellettuali “imprenditori politici” postisi in relazione con i forti movimenti dei cosiddetti “indignados” che, attraverso forme anche originali di lotta di massa, avevano sviluppato in Spagna un forte contrasto alle già citate politiche di austerità dell’UE. Entrambi questi soggetti presentano un punto in comune: quello dell’espressione di una vocazione “populista” di tipo originale nel vecchio continente, laddove espressioni di questo tipo erano sempre appartenute ad aree qualunquiste, espressione di piccola borghesia e tendenti a una vocazione di destra. Destra e sinistra sembrano così saldarsi su questo fronte sul terreno di un populismo orientato a contrastare l’idea della conservazione del declino ormai prevalente nell’elaborazione politico-filosofica che si sta sviluppando al centro dell’Europa. Tra Syriza e Podemos esiste anche un altro punto in comune molto importante: quello della valorizzazione del meccanismo della personalizzazione della politica e, di conseguenza, dell’espressione di una leadership molto forte: quella di Tsipras in Grecia e quella di Iglesias, in Spagna. Esistono quindi, per entrambi questi soggetti, due punti di evidente “diversità” al riguardo dell’impianto teorico – politico della sinistra europea: populismo e personalizzazione. Un populismo che si esprime anch’esso in una forma classica: di superamento della forma di sintesi e di intermediazione esercitata dalla struttura politica e di passaggio diretto al dialogo –appunto- con il popolo, dal quale il leader trae la linfa necessaria per raccogliere, aggregare e mantenere consenso. La risposta a questa impostazione basata sul dialogo diretto con il popolo è quella di una forte centralizzazione del soggetto politico attorno ad un gruppo dirigente ristretto che impone il proprio modello anche alle strutture periferiche, ricercando una “vocazione maggioritaria” sul piano elettorale basata su parole d’ordine facili e in grado di “tagliare” trasversalmente l’elettorato, rifiutando sostanzialmente un’idea di aggregazione di classe. Accanto alla “vocazione maggioritaria” si colloca, sicuramente, anche un’impronta antiliberista (se non anticapitalista: su questo punto sarebbe necessaria un’indagine molto più accurata di quanto non sia possibile sviluppare in quest’occasione) che appare però diversamente orientata tra Syriza e Podemos. Appaiono ancora vaghe le caratteristiche dell’eventuale qualità di governo espressa dalla guida di Syriza, data proprio la natura di tipo populistico (e non socialdemocratico) del soggetto e il ruolo che avrà, rispetto alla funzione di governo, la forte rete di solidarietà sociale che proprio Syriza ha messo in piedi per cercare di contrastare e limitare, per quanto possibile, la drammaticità della situazione sociale greca, ormai al limite delle condizioni concrete di un paese appena uscito da una guerra distruttiva. In quest’ambito così complesso e pieno di incognite fa impressione il provincialismo italiano che, dopo aver coperto con l’immagine di Tsipras la presentazione elettorale europea dei residui di quella che fu la “sinistra radicale” adesso si è buttata alla ricerca della “Scuola di Atene” per imparare “a vincere”. Del resto, dal punto di vista, dell’agire politico in Italia la proposta delle “doppia tessera” per un’ipotetica formazione di “Coordinamento della Sinistra” presenta già, per se stessa, elementi di vero e proprio rivoluzionamento rispetto al rapporto soggetto politico/ contraddizioni sociali. Entrambi gli aspetti che fin qui sono stati trattati: quello dell’assunzione della frattura del declinismo e quello dello stravolgimento del concetto della soggettività politica di classe ci fanno dire che questo quadro complessivo rappresentato, in primis, da Syriza e Podemos contiene elementi probanti di fuoriuscita dal terreno della sinistra, non solo di classe, ma anche di natura socialdemocratica-keynesiana nell’accettazione di un quadro complessivo delle compatibilità capitalistiche in una forma del tutto originale rispetto alla tradizione europea. E’ arrivato quindi il momento della resa definitiva delle idee di pratica la politica in funzione dell’obiettivo della fuoriuscita dal sistema? E’ questo l’interrogativo post-moderno che Syriza e Podemos pongono a tutta la sinistra europea. E’ il caso di interrogarci a fondo su queste-apparenti-nuove frontiere della modernità, sul prodotto reale di questa gestione incontrastata del capitalismo che ne conferma la totalità del “volto inumano”, su quanto il fallimento delle politiche di potere e di potenza portate avanti nei decenni abbia pesato nel creare le condizioni adatte per la percezione di questo vero e proprio “salto all’indietro”. Sarebbe facile affermare che la materialità delle condizioni sociali date reclama, proprio al contrario di ciò che si vorrebbe imporre, una piena ripresa di “protagonismo della politica”: una sorta di ritorno alla “politica al primo posto”. Sarebbe facile se non fosse di complicata definizione, anche sul piano teorico, il porsi in relazione a quelle che sono state le ideologie progressiste. La domanda di fondo è questa: il marxismo offre sicuramente una possibilità di descrizione della condizione sociale e umana di grande realismo e attualità. Si può allora, svelando senza infingimenti questa realtà che stiamo vivendo , connettere le teorie marxiane a una prospettiva concretamente politica di costruzione di una nuova società, di vero e proprio assalto alla condizione di diseguaglianza epocale? Abbiamo urgente bisogno di tornare far questo, a definire il quadro di una “nuova utopia” dell’eguaglianza intesa quale scenario di un vero e proprio rinnovamento della storia. Mentre il capitalismo pare divorziare definitivamente anche da quella forma della democrazia che un tempo definivamo borghese e maschera dietro “lo scontro di civiltà” il persistere e l’ampliarsi della guerra come elemento costante di un vero e proprio arrestarsi della storia non ci possiamo arrendere a questa ideologia comunque “declinista”. Abbiamo bisogno di rinnovare le nostre idee di rivolta per l’eguaglianza nell’economia, nell’attività pratica, nei sistemi e nei rapporti di produzione e di scambio. E’ necessario far comprendere che, come sempre, la scissione tra la politica e l’economia, tra l’organismo e l’ambiente sociale non è altro che astrazione teorica. In realtà politica, economia, ambiente e organismo sociale sono un tutt’uno, sempre, ed è uno dei grandi meriti del marxismo aver affermato questa unità dialettica: e il moto sociale, la ribellione, la tensione verso il cambiamento servono per impedire all’avversario di scindere, sembrare, impadronirsi assieme del corpo e del pensiero. Dobbiamo tornare a riconoscere il senso vero della storia, a interpretarlo. Scriveva Antonio Gramsci, nel 1918, sulle colonne del “Grido del Popolo”: “..conoscere con esattezza quali sono i fini storici di un paese, di una società, di un aggruppamento; importa prima di tutto conoscere quali sono i sistemi e i rapporti di produzione e di scambio…”. Altro che “declinismo”: maschera irreale del mantenimento di un feroce potere occulto cui il semplice cambio di cavallo di un potere borghese non può porre rimedio. Per intanto beninteso è necessario occuparci delle condizioni materiali di vita di milioni di persone: la sola strada concreta per combattere il declino.

LA CARENZA DI VISIONE O DELLA MIOPIA DEL PALAZZO | Roberto Biscardini | ArcipelagoMilano

LA CARENZA DI VISIONE O DELLA MIOPIA DEL PALAZZO | Roberto Biscardini | ArcipelagoMilano

martedì 27 gennaio 2015

Come funziona – o non funziona - il QE / capitali / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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L’arma a doppio taglio delle sanzioni alla Russia / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

L’arma a doppio taglio delle sanzioni alla Russia / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

From protest to power: the transformation of Syriza | Red Pepper

From protest to power: the transformation of Syriza | Red Pepper

Tsipras difende l'Euro: il ritorno della frattura destra-sinistra in Europa - Istituto di Politica : Istituto di Politica

Tsipras difende l'Euro: il ritorno della frattura destra-sinistra in Europa - Istituto di Politica : Istituto di Politica

Felice Besostri: Calma e gesso. Il contagio greco

Calma e Gesso: il contagio greco di FeliceBesostri La vittoria di Tsipras e Syriza è netta, anche se per 2 seggi non ha la maggioranza assoluta nel Parlamento monocamerale greco. Spero che a sinistra non si levino grida o imprecazioni di disappunto: Syriza ha il 36, 34%. La legge elettorale greca è meglio dell’Italikum, perché il premio di maggioranza è fisso, pari a 50 seggi e quindi non conferisce una percentuale fissa di seggi a prescindere dai voti. Quindi minore è il consenso elettorale tanto più alta è la consistenza del premio. Con il Porcellum era evidente, con l’Italikum al turno di ballottaggio. Altro elemento è la percentuale dei votanti ferma al 63,87%, peraltro superiore a quella italiana alle europee, e in leggera crescita rispetto al 62,49% del giugno 2012. L’elemento più spettacolare è la progressione geometrica del consenso di Syriza 16,79% e 52 seggi nel maggio 2012, 26,89% e 71 seggi nel giugno 2012 fino al 36,34% e 149 seggi nel gennaio 2015. Un successo indirettamente proporzionale a quello del PASOK, che nello stesso arco di tempo è passato dal 13,18% e 41 seggi del maggio n2012 al 12,28% e 33 seggi del giugno 2012 per finire al 4,68% e 13 seggi delle ultime elezioni. Un successo preparato da una coerenza politica e programmatica e da un radicamento sociale con la sua presenza con iniziative di welfare sociale solidale, sostitutivo di quello pubblico smantellato dall’austerità imposta dalla Troika. Una strategia simile a quella di Hamas nella striscia di Gaza o delle formazioni islamiste tunisine o egiziane: una caratteristica di formazioni nazional-popolari , lontane sia dal modello leninista, che socialdemocratico classico, piuttosto più simile alla fase iniziale del movimento operaio quello delle leghe e delle società di mutuo soccorso. C’è da sperare che la lezione greca non si traduca in un’imitazione invidiosa di un modello di successo, cui mancherebbe, comunque, il leader con il carisma di Tsipras. Certe parole d’ordine hanno segnato sconfitte clamorose della sinistra, come il “Faremo come in Russia!” del 1919-1921, nell’illusione di una Rivoluzione imminente, mentre montava la reazione fascista. Syriza nasce da una ricomposizione unitaria di formazione diverse di sinistra: un prodotto di successo. Quando pezzi di gruppi dirigenti di sinistra si sono uniti in ItaliA hanno dato vita al fallimento della Sinistra Arcobaleno nel 2008 e alla Rivoluzione Civile del 2013. SEL si è salvata grazie ad un incostituzionale premio di maggioranza. Via via la sinistra italiana si è appassionata alla Linke, al Parti de la Gauche e più recentemente a Syriza o Podemos, come nell’ambientalismo il modello erano i Grünen tedeschi, tanto per rimanere in Europa. Ci sono state anche infatuazioni. terzomondiste da Castro al Sub-comandante Marcos, da Lula a Chavez. A sinistra sono progressivamente scomparsi o ridotti ai minimi termini i filoni ideali storici socialista e comunista, insieme con la rete delle Case del Popolo, solo parzialmente sostituite dai Circoli ARCI, per non parlare della trasformazione irreversibile del movimento cooperativo e dalla progressiva separazione dal Sindacato. Due pilastri della sinistra in Europa usciti da un circuito virtuoso di confronto e dibattito plurale a sinistra. Come fa la sinistra a rinnovarsi e ripensarsi in assenza di luoghi, anche fisici, di confronto? Questa è la prima necessità e soprattutto non pensare che i problemi sarebbero automaticamente risolti con la scoperta del leader, che mediaticamente possa competere con Renzi e Salvini: ammesso e non concesso che quello sia il problema dovremmo prima domandarci perché la sinistra non sia stata capace di produrre un leader. La ragione, non l’unica, ma la principale, è la sua mancanza di credibilità, come classe dirigente alternativa. Gli scandali dei rimborsi regionali sono stati generalizzati e trasversali. Le scelte di sopravvivenza hanno prevalso rispetto alla coerenza politica ed istituzionale. Un esempio recente, mentre in Parlamento la sinistra e i M5S contrastavano l’Italikum e la revisione costituzionale si partecipava alle elezioni farsa di secondo grado in 64 province e nelle città metropolitane continentali, escluse Venezia e Reggio Calabria. Ovvero la difesa del Porcellum nelle Giunte delle elezioni per compiere le surroghe, malgrado l’annullamento della Corte Costituzionale. Questa notizia non è di pubblico dominio, ma resta una vergogna. Le divisioni e gli esodi verso la maggioranza renziana sono un altro segno di una classe politica disinvolta. La scelta di allearsi con una formazione di destra dei Greci Indipendenti dell’ANEL desta perplessità, ma con i suoi 13 seggi mette con 162 seggi la maggioranza al sicuro e più coesa. Né con il Pasok con 13 seggi né con il KKE con 15 seggi vi era una possibile coalizione. Tuttavia se, come è doveroso ,siamo convinti che Syriza non debba fallire per cambiare segno all’Europa dobbiamo costruire una sinistra nuova anche in Italia. Una sfida per tutti, ma in particolare per i socialisti. Ci sono tre scelte teoriche: 1) conquistare la maggioranza del PSI; 2) Costituire un altro partito socialista; 3) dare vita ad una Federazione per il Socialismo che abbia quantitativamente e qualitativamente una massa critica tale da rappresentare l'area socialista, i suoi valori, la sua storia, il suo pensiero e la sua elaborazione programmatica dentro alla società italiana e all'interno del dibattito della sinistra italiana per una proposta alternativa di governo e un progetto di società più giusta, libera e solidale che coniughi sogni e bisogni. Ciascuna delle complenti della sinistra e dei suoi filoni ideali si deve mettere alla prova nel confronto con tutti gli altri . I punti in comune vanno trovati con urgenza perché l’emergenza democratica è una priorità da affrontare. Una emergenza aggravata dalla crisi economica da cui bisogna uscire e che, invece, le politiche europee stanno rendendo più acuta con ricadute politiche e sociali, che minacciano la stessa costruzione europea. Non lo possiamo permettere. Milano 27 gennaio 20125

Grecia: il paradosso, la paura e la speranza

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mondiepolitiche: L'Europa (Forse) Sta Cambiando - Rassegna Stampa

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venerdì 23 gennaio 2015

spazio lib-lab » Checchè ne dica la Serracchiani, la scelta di Cofferati è l’unica politicamente decorosa.

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spazio lib-lab » La polpetta avvelenata del Nazzareno.

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spazio lib-lab » Due lettere aperte, ai Senatori, ed ai Deputati, riguardanti le modifiche della legge elettorale e della Costituzione.

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L'Italia del governo Renzi e le priorità della politica internazionale

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Il petrolio e il conflitto politico in Medio Oriente

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Dalla Svizzera una boccata d’ossigeno per le banche centrali (per la BCE) e per l’Italia

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Il PD, le primarie e la forma-partito

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Partecipazione politica in rete tra social network e polis

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Il Qe in salsa europea è servito | Angelo Baglioni

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giovedì 22 gennaio 2015

Renzi sbanca le popolari, meno credito più mercato | DEMOCRAZIA E LAVORO

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I dilemmi dell’Arabia Saudita e la nuova sfida dei mercati energetici | Aspenia online

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Il disgelo tra Cuba e Stati Uniti: quali ripercussioni per la regione? | Aspenia online

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Islam: a threat to Europe? A reply from Franco Cardini | Eutopia

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End Austerity Before Fear Kills Greek Democracy

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How Coordinated Investment In The Euro Area Would Kickstart Growth

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The Politics Of Economic Stupidity

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Can Insecure Workers Be Confident Consumers?

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venerdì 16 gennaio 2015

Italicum, la mutazione della democrazia – Vado al Massimo

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Mariana Mazzucato: “E’ l’idea di pubblico che va ripensata”

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Una BCE sempre più asimmetrica?

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Un sistema politico alla prova del Quirinale

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materialismo storico: Un'analisi del New Labour come modello di neobonapartizzazione del potere

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Perché tagliare le tasse non funziona? | Keynes blog

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«SI STANNO FACENDO RIFORME TANTO PER FARLE» - GLI STATI GENERALI

«SI STANNO FACENDO RIFORME TANTO PER FARLE» - GLI STATI GENERALI

Perché la Svizzera si sgancia dal cambio fisso con l'euro | Tommaso Monacelli

Perché la Svizzera si sgancia dal cambio fisso con l'euro | Tommaso Monacelli

Una flessibilità che non supera la stupidità | Andrea Boitani

Una flessibilità che non supera la stupidità | Andrea Boitani

Let's Hope For A Syriza Victory!

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Sergio Ferrari: Politiche energetiche e lotta ai cambiamenti climatici tra prospettive e contraddizioni | labour

Politiche energetiche e lotta ai cambiamenti climatici tra prospettive e contraddizioni | labour

mercoledì 14 gennaio 2015

Syriza, Podemos: Europe, la nouvelle gauche chasse-t-elle la vieille garde sociale-démocrate ?

Syriza, Podemos: Europe, la nouvelle gauche chasse-t-elle la vieille garde sociale-démocrate ?

Spagna: fine del bipartitismo? Breve storia politica della crisi | Pandora Pandora

Spagna: fine del bipartitismo? Breve storia politica della crisi | Pandora Pandora

La riforma del Labour Party britannico: una strada interessante | Pandora Pandora

La riforma del Labour Party britannico: una strada interessante | Pandora Pandora

Pierpaolo Pecchiari: Petizione a favore di Syriza

Ho firmato questa petizione - come anche molti altri, ben più di autorevoli di me, tra i quali compagni che stimo come Lanfranco Turci, Francesco Somaini, Mauro Beschi, Felice Carlo Besostri - per svariate ragioni. Una fra tutte: perché la penso esattamente come Arnaud Montebourg e Aurélie Filippetti. Vi chiederete cosa c'entrino con le elezioni greche di fine Gennaio due ex ministri del governo Valls, che cadde ad Agosto dell'anno scorso. E' presto detto. Arnaud Montebourg, già ministro dell' Economia nel primo governo Valls si prese la responsabilità, con dichiarazioni fortemente critiche nei confronti delle politiche europee, di far uscire la sinistra del PS francese dalla compagine governativa e di determinare una crisi di governo. La critica di Montebourg è la stessa che qualunque socialista avanza a quelle politiche austeritarie che stanno distruggendo il tessuto sociale dei nostri paesi e annichilendo le basi dei nostri sistemi produttivi. Aurélie Filippetti, ministro della Cultura nello stesso governo, si dimise con una lettera aperta che chiunque di noi dovrebbe leggere e mandare a memoria, perché esprime come meglio non si potrebbe il contrasto tra la coerenza con i propri ideali e valori, e la necessità di ispirare l'azione di governo a realismo e pragmatismo. Quando il richiamo al realismo e al pragmatismo, però, supera ogni decenza, e si rivela il pretesto per buttare a mare ideali e valori, allora è giusto dire basta; e, come Aurélie Filippetti, rifiutarsi di stare al gioco. Perché non è giusto che, in nome della congiuntura e delle compatibilità, si accetti ci venga chiesto o, peggio, si chieda a noi stessi di "vergognarsi di essere di sinistra". Di certo non rinnego l'appartenenza alla mia famiglia politica, né penso che i socialisti europei possano assicurarsi una facile redenzione unendosi a quanti plaudono a Alexis Tsipras e al successo del suo movimento. E so bene che, almeno a parole, i partiti del socialismo europeo sono su posizioni decisamente avanzate. Così come lo sono le fondazioni, i think-tank, i centri studi e le riviste di approfondimento teorico che fanno capo a questo mondo. Tuttavia qualcosa non va. Tanto avanzate e coraggiose sono le elaborazioni degli intellettuali (basta leggersi il Social Europe Journal, o seguire la Progressive Economy Initiative), quanto timorose e imbelli l'azione di governo a livello nazionale e l'azione politica a livello europeo. Questa contraddizione deve essere affrontata e risolta. Una vittoria di Syriza in Grecia consentirebbe di rimettere la situazione in movimento, e di aprire una fase di profonda revisione critica, sia del processo di costruzione europea, sia del modo in cui le forze della famiglia socialista hanno saputo (o meglio, non hanno saputo) gestirlo. Aggiungo qui che ieri sera ho potuto conoscere e scambiare quattro chiacchiere con Argyrios Argiris Panagopoulos, rappresentante di Syriza in Italia, Spagna e Portogallo. La mia impressione è che Agryrios sia - anche se dubito si definisca così - un socialista di sinistra, che deve affrontare i problemi enormi di un Paese messo in ginocchio prima dalla corruzione e dall'insipienza della sua classe politica, poi dalle scellerate imposizioni delle trojka. Mi ha spiegato che Syriza ha ben chiara quale potrebbe essere la portata delle elezioni greche per l'Europa, e che per questo oggi cerca l'appoggio non già delle forze della sinistra radicale, ma dei partiti che fanno capo al PSE e ai Verdi Europei. Forze di governo, perché Syriza quello vuole essere. Un appoggio che non possiamo negare. Perché non possiamo vergognarci di essere di sinistra. Chi volesse sottoscrivere questa petizione può farlo a questo link: https://www.change.org/p/elettori-e-movimenti-della-sinistra-progressista-e-socialista-sostegno-alle-posizioni-di-syriza-e-della-sinistra-greca?recruiter=84801512&utm_source=share_petition&utm_medium=email&utm_campaign=share_email_responsive Pierpaolo Pecchiari

Il dilemma dell’euro. Il progetto politico, il percepito e l’analisi economica

Il dilemma dell’euro. Il progetto politico, il percepito e l’analisi economica

MILANO E IL NUOVO SINDACO TRA TELENOVELA E THRILLER | Walter Marossi | ArcipelagoMilano

MILANO E IL NUOVO SINDACO TRA TELENOVELA E THRILLER | Walter Marossi | ArcipelagoMilano

lunedì 12 gennaio 2015

Fassina e Civati a scuola di sinistra vera (da Syriza) - neXt Quotidiano

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Il presidente egiziano: un testo da leggere - Estremo Occidente - Blog - Repubblica.it

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“Il ruolo chiave degli enti locali per l’uscita dalla crisi di sistema” - Eddyburg.it

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PRIMARIE PD LIGURIA: RAPPRESENTATIVITA’ E DEGENERAZIONE | AUTOCONVOCATI PER L'OPPOSIZIONE

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The Issue Is Not Greece: It's Europe

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The Commission’s Investment Plan: A New Narrative Or A Faustian Deal?

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Stockholm Syndrome Social Democracy

Stockholm Syndrome Social Democracy

Felice Besostri: La strategia del terrore e quali risposte

La strategia del terrore e quali risposte Come sempre ci sono radici profonde ai conflitti, sia collettivi che individuali. La cronaca a volte appare come acqua in regime carsico, che affiora all'improvviso dalle viscere della terra, ma appena la si trasforma in storia ci si rende conto, che nulla succede all'improvviso.. L'aspetto che più mi colpisce è che i terroristi non sono mai arrivati come clandestini sui barconi, ma sono di seconda o terza generazione, nati e cresciuti nella nostra società. Ragazze e ragazzi che hanno visto i genitori assimilarsi, spesso abbandonando la pratica religiosa, non osservando il Ramadan e che non avevano neppure pensato in vita loro di compiere il pellegrinaggio alla Mecca, lo Hajj, mangiando carne non Halal o assumendo alcool. Ebbene i figli hanno sperimentato di essere considerati non francesi a parte intera, ma ospiti, paradossale le vicende degli Harkis, algerini che combatterono a fianco dei francesi e non dei loro concittadini nella Guerra d'Algeria e sacrificati nelle trattative di pace con il FNL Spesso concentrati negli stessi quartieri delle banlieue, con disoccupazione superiore alla media e grado di istruzione.inferiore a quello delle corrispondenti fasce di età francesi: francesi non francesi. Se non mi riconosci cittadino a parte intera e la laicità non è fattore di integrazione pluriconfessionale, ma esigenza di dimenticare la mia, mi riassumo ed anzi sottolineo la mia identità e cerco un'altra integrazione nella Umma dei fedeli di Maometto e all'interno della Comunità con i gruppi più identitari: la stessa logica delle gangs di quartiere o delle pandillas latino americane, presenti anche nelle nostre città. Affrontare le cause economo-sociali richiede tempo ed investimenti massicci, che le politiche di austerità negano a tutti, quindi non sono una risposta che l'opinione pubblica chiede, perché a lungo termine. D'altronde, se uno dei modi di lotta è quello di investire con l'auto passanti a caso o di accoltellare sempre a caso tra la folla, non c'è sistema di sicurezza che lo possa evitare. Ciascuno di noi se ANCHE SUPERA LE SUE PAURE, NON PUò TOGLIERSI DALLA TESTA LE PREOCCUPAZIONI PER I PROPRI FIGLI E NIPOTI, anche se gli ammazzati da autisti ubriachi o drogati saranno sempre più di quelli vittime di terroristi fai da te. Nella incapacità di dare risposte ai problemi della gente comune sta la debolezza della sinistra e dei democratici, a volte insuperabili per profondità dell'analisi: il noto benaltrismo. Se le risposte semplici non ci sono dovremmo comunque farlo capire, ma senza arie di superiorità o di disprezzo di chi non capisce. Tutti dovrebbero essere convinti che le stiamo cercando insieme e che sulla nostra comprensione e solidarietà si possa sempre contare Felice C. Besostri

L'ITALIA ROMPA L'ISOLAMENTO IN CUI SI VUOLE SPINGERE MOSCACritica Sociale - Critica Sociale

Critica Sociale - Critica Sociale

giovedì 8 gennaio 2015

The Fall of Netanyahu? by Shlomo Avineri - Project Syndicate

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Bando per le Moschee, il Comune di Milano va avanti

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Why the UK leads the way on inequality | New Economics Foundation

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Giappone: la nuova vittoria per Abe

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Napolitano e l’”eccezionalità costituzionale”

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Famiglia e territorio: i fondamenti dell’identità italiana

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In Germania a mancare è il dibattito politico | iMille

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The European Malaise | Politics at Surrey

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METTIAMO ALLA PORTA CHI USA CHARLIE HEBDO PER FARE POLITICA - GLI STATI GENERALI

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Israele: uno Stato Nazione come molti altri | Aspenia online

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Riforma fiscale: Quel pasticcio di Natale targato Renzi. - [Altritaliani.net]

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La strage di Parigi: cerchiamo di capire di che si tratta. » AldoGiannuli

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Greek Elections, Democracy, Political Trilemma, and all that

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Joseph Stiglitz On Inequality

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STRAGE PARIGI, I SOCIALISTI MILANESI: SOLIDARIETA’ AL POPOLO FRANCESE

STRAGE PARIGI, I SOCIALISTI MILANESI: SOLIDARIETA’ AL POPOLO FRANCESE Dichiarazione di Pierpaolo Pecchiari segretario provinciale del PSI. “La condanna per l'odioso attentato islamista di Parigi non può che essere durissima; la solidarietà con la Francia non può che essere totale. Concordiamo con Philippe Ridet, corrispondente dall'Italia per "Le Monde". Inaccettabile cercare in una satira che si sarebbe spinta troppo oltre i canoni del "politically correct" la giustificazione per la barbarie. La libertà di stampa non è mai eccessiva; è stata anzi, anche con i suoi eccessi, uno dei fattori d eterminanti nella nascita delle democrazie Occidentali. E adesso? Doveroso stroncare sul nascere qualunque focolaio d'infezione - qualora ne sorgessero anche da noi - come anche gli odiosi ma prevedibilissimi tentativi di strumentalizzare questa triste vicenda, perché l'ultima cosa di cui ha bisogno un tessuto sociale come il nostro, già duramente provato da anni di crisi materiale e morale, è l'affacciarsi dello spettro delle tensioni razziali o religiose. Modificare la politica estera nazionale e comunitaria è altrettanto necessario, perché troppi apprendisti stregoni, da questa e dalla parte opposta dell'Atlantico, si sono cimentati in avventurismi che hanno avuto come unico risultato la destabilizzazione di intere regioni, la guerra, la miseria, creando le cause per esodi biblici o determinando le condizioni di coltura ideali per i peggiori e più barbari estremismi. Tutti problemi che l'Occidente ha affrontato con superficialit&a grave; o non sta affrontando affatto. A maggior ragione ciò è necessario soprattutto per un Paese come il nostro, che si affaccia sul Mediterraneo ed ha frontiere sin troppo esposte e penetrabili. Socialisti milanesi parteciperanno alla manifestazione che si terrà questa sera, alle 18:30 davanti al Consolato Generale di Francia a Milano, in via Moscova 12.”

martedì 6 gennaio 2015

The Greek Election 2015 - Revolt Of The Debtors

The Greek Election 2015 - Revolt Of The Debtors

The Euro Area - Back To Open Crisis In 2015? - Social Europe

The Euro Area - Back To Open Crisis In 2015? - Social Europe

Franco Astengo: Il privilegio del 3%

IL PRIVILEGIO DEL 3%: UN GOVERNO ARROGANTEMENTE PERICOLOSO di Franco Astengo dal blog: http://autoconvocatiperlopposizione.com L’odioso “privilegio del 3%” comparso nel decreto fiscale della vigilia di Natale, ha rappresentato un vero e proprio strappo del quadro democratico, prima ancora che il suffragio di un’inaccettabile condizione di favore a vantaggio dei ricchi per danneggiare i poveri: un classico rovescio del mito di Robin Hood “rubare ai poveri per donare ai ricchi”. La triste vicenda può essere catalogata ben oltre la semplice questione del favore personale (o dell’esercizio di una logica di scambio) nei confronti di Berlusconi: la scaturigine del provvedimento, così come la spiega la stessa direttrice dell’Agenzia delle Entrate (un’altra componente del “giglio magico” renziano) è chiara ed è proprio rivolta nella direzione che si è appena cercato di indicare; così come di sollevazione dalla responsabilità è la dichiarazione d’ignoranza del testo da parte dell’ex-presidente della Consulta, Gallo, che era stato incaricato di redigerlo da parte del Ministero dell’Economia. Emerge così anche un’altra questione di non secondaria importanza: si possono, certo, combinare pasticci (“a volte succede” ha dichiarato Padoan) ma è più facile quando l’incompetenza regna sovrana per via di rottamazioni improvvide, o meglio di sistemazioni non adeguate previste per i propri sodali: leggasi in questo modo l’assegnazione dell’incarico di responsabile giuridico di Palazzo Chigi, assegnato a un’ex-vigilessa fiorentina. Questo quadro, già di per sé sufficientemente esplicativo, scompare alla vista quando ci s’inoltra nel merito della parte di questa triste storia che potrebbe essere definita come la parte della “questione democratica”. In questo senso, magari ingenuamente, ci consideriamo ancora seguaci del normativismo di Kelsen: appunto ci si può considerare come degli inguaribili ingenui. Che cosa pensare e come definire allora un Presidente del Consiglio e un Ministro dell’Economia che si occupano di un testo licenziato dal consesso collettivo del Consiglio e lo modificano, apparentemente nell’ignoranza di tutti? Una domanda che va al di là del merito, del privilegio per alcuni che questa norma modificata avrebbe contenuto. Emerge il segnale concreto ed evidente di un’arroganza pericolosa (le risposte fornite dagli interessati e dai loro portaborse della segreteria del PD hanno poi confermato in pieno questo giudizio) inquadrata perfettamente nella logica e nella concretezza da regime autoritario così come questo si sta configurando nella realtà del nostro sistema politico (probabilmente come elemento di una più generale sperimentazione nella limitazione della democrazia che si sta verificando a livello europeo). Ci troviamo all’interno di una situazione molto pericolosa nella quale, in un contesto di sfrangiamento sociale determinato dall’innalzarsi di barriere dovute alla crescita esponenziale del livello di diseguaglianza, non possiamo permetterci di considerare semplicemente il governo come “comitato d’affari della borghesia” e la politica come meccanico interfaccia dei poteri dominante il processo di finanziarizzazione dell’economia. Metodo e merito della storiaccia del “privilegio del 3%” ci indica il procedere di un processo più profondo di vera e propria rottura storica di un quadro politico e sociale: rispondere subito con una forte mobilitazione oppositiva, su tutti i piani, a questo drammatico e pericolosissimo stato di cose è insieme un dovere e un obbligo.

lunedì 5 gennaio 2015

IL SALVA-SILVIO E TUTTE LE VOLTE CHE RENZI HA PROMESSO: #CORREGGEREMO - GLI STATI GENERALI

IL SALVA-SILVIO E TUTTE LE VOLTE CHE RENZI HA PROMESSO: #CORREGGEREMO - GLI STATI GENERALI

Francesco Bochicchio: Chi sarà il successore di Napolitano?

CHI SARA’ IL SUCCESSORE DI NAPOLITANO? di FRANCESCO BOCHICCHIO In tempi non lunghi –nel 2015-, vi sarà la successione di Napolitano, e si pone un problema di grande livello e complessità. Napolitano è il garante dell’attuale sistema politico-economico, e i poteri forti interni ed esterni danno la fiducia all’Italia (non esclusivamente, ma essenzialmente) per tale ruolo. Obama, quando è venuto in Italia, ha affermato espressamente che l’America si fida di Napolitano. Il successore di Napolitano dovrà essere di spessore tale da assolvere a tale ruolo: Renzi ha fatto capire che non vuole custodi e quindi aspira ad una successione basata su un profilo minore e da lui governabile, ma si sbaglia di grosso. Renzi è stato scelto dai poteri esteri, in quanto Letta era troppo spento e tale da soccombere di fronte all’aggressività di Grillo: Renzi, con il suo dinamismo e la sua spregiudicatezza e la strepitosa capacità di vendere sé stesso ,era l’uomo in grado di rivitalizzare lo spirito di governo e la maggioranza ed addirittura in grado di realizzare il Partito della Nazione, con opposizioni populiste ed antipolitiche e quindi destinate a restare ai margini, vale a dire a loro volta in grado di creare momenti scoppiettanti, ma transitori (ieri Grillo, oggi la Lega) e quindi destinate a restare sempre all’opposizione. Il Partito della Nazione è la riedizione della Democrazia Cristiana, vale a dire un Partito che occupa il centro con modalità tali che destra e sinistra si rivelino prive di caratteristiche di governabilità e così inidonee a costituire un’alternativa, anche a solo livello potenziale. La Democrazia Cristiana poteva evidentemente racchiudere componenti di destra e di sinistra, come tende a fare Renzi, purché moderate. La differenza è non soggettiva ma oggettiva: la Democrazia Cristiana poteva fare comodamente ciò in quanto provvista di una spesa pubblica in grado di favorire corporazioni molto vaste e soprattutto numerose, e radicate trasversalmente. Renzi non può fare ciò per mancanza di spesa pubblica, addirittura da tagliare selvaggiamente. Di qui la necessità di un autoritarismo di fondo con lo smantellamento dei corpi intermedi, e con l’abolizione di ogni dialettica all’interno della maggioranza, questa così da identificare solo con il “leader” che interloquisce direttamente con il popolo, rendendo le istituzioni un inutile orpello. Come tale configurazione plebiscitaria sia compatibile con un Partito onnivoro e omnicomprensivo è un mistero della fede, ma solo per chi non riesce a comprendere che la democrazia si è ridotta a limiti tali che può essere solo autoritaria, vale a dire una democrazia apparente (non accomunabile peraltro a dittature, contrariamente a quanto irresponsabilmente dichiara Grillo, perché almeno non vi sono gli stermini degli oppositori). Non è un bipartitismo imperfetto come quello tra Pci e Dc, in quanto il Pci, anche se non in grado di governare, aveva un radicamento sociale che lo portò a costituire una minaccia reale e quindi condizionò moltissimo la politica ed il Governo Dc, cosa che nessuno ha adesso i numeri per fare. Ciò chiarito, Renzi è inconsistente e l’unica politica che è in grado di fare è quella di barcamenarsi tra le diverse tendenze dominanti in Occidente, tirando a campare e senza grandi scelte. Ma proprio per questo, non ha credibilità verso i poteri forti esteri ed interni ed ha bisogno di un garante. L’unico è Draghi che sta spingendo la Bce a politiche espansive coraggiosissime innovative per una Banca centrale. Ha dei limiti, e così al momento può solo lenire la politica fallimentare della Merkel e lanciare un monito ed un segnale, ma ciò dipende oltre che dalle circostanze politiche generali dall’incompatibilità tra la politica della domanda cui spingono irreversibilmente ed inevitabilmente le scelte coraggiose di Draghi da un lato e dall’altro gli interessi del capitale di cui Draghi è un interprete, pur autonomo e geniale. Di qui la natura di Giano bifronte di Draghi. Ma i limiti non possono certo oscurare i meriti, e così nel contesto attuale Draghi è il massimo. L’opposizione alla nomina di Draghi di parte del fronte moderato che evidenzia, pur giustamente, i limiti di Draghi, è così miope, ed è strano che venga da chi –essendo moderato- certo non potrebbe abbracciare la politica della domanda nella versione autentica e coerente che è antiliberista. L’opposizione alla nomina di Draghi è evidentemente erronea e destinata a soccombere di fronte alle necessità della Storia. Renzi, per usare una sua felice espressione, si dovrà fare una ragione di ciò, in quanto senza un garante credibile non ha spazio di manovra. Resta l’unica obiezione seria: senza Draghi alla Bce l’Europa va allo sbaraglio senza tregua. Nessuno, oltre a Draghi. è in grado di resistere, sia pure parzialmente , alla Merkel ed alle grandi banche d’affari internazionali. In mancanza, come sembra almeno, di un’alternativa a Draghi in Europa, è necessario trovare in Italia un personaggio se non altrettanto autorevole, comunque in qualche modo paragonabile, in grado di essere l’interfaccia di Draghi , per esempio il Governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco.

Cambiare tutto per non cambiare niente – Una spregiudicata analisi della politica economica del nostro PaeseHyperPolis —

HyperPolis —

L'ABISSO DELLA DISEGUAGLIANZA - M.Mazzucato -l'ABC per cambiare l'economia- | Sindacalmente

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La Grecia e le previsioni del Fmi / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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New Years Resolution: battle against inequality and financialization.

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Thomas Piketty ou le pari d’un capitalisme à visage humain, par Russell Jacoby (Le Monde diplomatique, août 2014)

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Dal primo gennaio anche la Lituania è nell'euro - Eunews.it

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Piketty: "Basta con la dittatura del debito ma non si salva l'Europa con gli slogan" - Repubblica.it

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domenica 4 gennaio 2015

If Syriza wins the Greek election, what will happen next? | Red Pepper

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Israele verso le elezioni - Israele - The Post Internazionale

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Il capitalismo destabilizzato. Intervista a Ulrich Beck : minima&moralia

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Jobs End, ovvero la fine del lavoro - micromega-online - micromega

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Se nel 2015 «arrivano i nostri» anche in Europa - Il Sole 24 ORE

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Quel contagio greco che serve per salvare l'Europa e l'Italia | Gustavo Piga

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L'America alza i salari. Era ora. - Estremo Occidente - Blog - Repubblica.it

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Il senso della Costituzione - Eddyburg.it

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European economy guide: Taking Europe’s pulse | The Economist

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Ilva, il decreto legge è solo una bozza - Caratteri Liberi

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Obama, l’anatra zoppa che spiazza i repubblicaniAffarInternazionali

AffarInternazionali

giovedì 1 gennaio 2015

Gim Cassano: Quale Presidente?

Carissimi, Il nuovo anno si apre con la conferma delle dimissioni di Giorgio Napolitano: un Presidente della Repubblica che ha interpretato il suo ruolo, se non come quello di vero e proprio artefice di una scelta politica, almeno come quello di garante -e qualcosa di più- di quelle “larghe intese” che si sono poi esplicitate nel Patto del Nazzareno. In questo senso, si è indebolita, nella presidenza di Napolitano, ed in modo particolare nella seconda parte del suo primo mandato ed in questo scorcio del secondo, quella funzione di garanzia nei confronti degli italiani tutti, intesi come popolo e non come partiti, e quella funzione di tutela dei principii, prima ancora che delle forme, costituzionali. Ciò è apparso evidente in più di una circostanza, quando dal Quirinale sono arrivati puntuali apprezzamenti e moniti a sostegno delle riforme renziane e a censura di chi le criticava (sia che si parlasse di legge elettorale e riforme istituzionali, che di nuove normative sul lavoro dipendente o del ruolo dei sindacati). Tra non molti giorni, quindi, il Parlamento sarà chiamato a nominare il nuovo Presidente della Repubblica, cui competerà il seguire una fase delicatissima per l’avvenire della nostra democrazia: legge elettorale, modifiche alla Costituzione, relativi probabili referendum, e via dicendo. Tutti parlano di un “Presidente di Garanzia”. D’accordo: ma garanzia di che? Ovviamente, Berlusconi interpreta tale termine nel senso di impunità penale e patrimoniale e di sopravvivenza politica della sua parte; Renzi interpreta il termine “garanzia” come proseguimento del sostegno alla linea tracciata dall’ancora non interamente noto “Patto del Nazzareno”, riguardo al quale mi sembra di dover per una volta convenire con Berlusconi, quando afferma che in quegli accordi è compreso anche quello relativo Presidenza della Repubblica. E, a sinistra, come può essere interpretato il termine “garanzia”? Se è vero, come ritengo, che nessuna politica alternativa a quanto è oggi sotto i nostri occhi possa esser condotta se questa non sia promossa e sostenuta dalla presenza di una forza politica che realmente intenda farlo, e farlo in termini credibili, è anche vero che nessuna politica di cambiamento e di progresso può procedere se non in una prassi di pieno funzionamento della democrazia, che riallinei la politica e le istituzioni ai principii che la Costituzione repubblicana aveva sancito. Quindi, a mio parere, sta qui la prima garanzia che dovrebbe essere espressa dal futuro Presidente della Repubblica: quella di garantire tutti gli italiani circa il rispetto e l’attuazione di principii che la prassi politica degli ultimi vent’anni, con l’aggiunta di un’evidente accelerazione nei tempi più recenti, ha pesantemente messo in discussione. Non si tratta quindi di assicurare equidistanza nei confronti delle forze politiche, e men che mai nella forma che ne vien data dal Patto del Nazzareno, ma di avere come primo riferimento la nostra Costituzione e quella storia, oggi troppo spesso disconosciuta, che ne è stata la premessa. Una sinistra che oggi deve prima di tutto manifestare la sua capacità di essere alternativa, anche nei metodi, ha oggi l’occasione per condurre una battaglia che può apparire di testimonianza, ma che ha un forte contenuto di principio: si sbaglierebbe non di poco nel ridurre la questione dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica a calcolo politico, accontentandosi di indicare una candidatura che risponda unicamente all’esigenza di non coincidere con i primi nominativi indicati da Renzi o da Berlusconi. Chi potrebbe dunque oggi rappresentare al meglio questa funzione di garanzia costituzionale? E’ un interrogativo che dovremmo porci, e sul quale mi sembra opportuno che si avvii una discussione; e, per quanto ci riguarda, inanzitutto all’interno di “Iniziativa 21 Giugno”. Buon anno a tutti. Gim Cassano, 01-01-2015

Franco Astengo: Bipolarismo e geopolitica

BIPOLARISMO E GEOPOLITICA: LE VERA NOVITA’ PER IL 2015 di Franco Astengo Il “Corriere della Sera” di oggi, 31 Dicembre, scrive di una nuova dottrina militare di Putin rivolta a individuare negli USA il nemico principale: si costruirebbe così un nuovo bipolarismo a livello planetario. Naturalmente uno scenario ben diverso da quello della “guerra fredda” post-secondo conflitto mondiale ma che, comunque, richiama due elementi molto importanti da valutare nel quadro di un’azione politica di sinistra da questa parte del continente, nell’Europa Occidentale: all’interno, cioè, di uno scenario nel quale agiscono le strutture economico-politiche dell’Unione Europea: 1) Il ritorno della geopolitica intesa come riassunzione di centralità del concetto di “spazio vitale” e, di conseguenza, della questione dei confini; 2) Il riproporsi, proprio all’interno dello spazio vitale detenuto dall’Unione Europea, di una questione di vero e proprio schieramento che questa volta non comporta però l’opzione riguardante una scelta di civiltà. Non ci sono più a fronteggiarsi il capitalismo liberale di marca USA e il “socialismo reale” di stampo sovietico ma i due modelli dell’imperialismo USA e della “vocazione imperiale” russa, all’interno di un gioco molto complesso dal punto di vista dell’intreccio economico, produttivo e di scambio di capitali. La sinistra occidentale che non ha trovato una propria dimensione politica rispetto al tema dell’Unione Europea, del dominio delle banche, dell’egemonia tedesca sull’insieme dei principali punti della filiera produttiva, della moneta unica e del deficit di democrazia adesso è chiamata a muoversi sul terreno prevalente del rapporto con Oltreatlantico attraverso la compiuta acquisizione del richiesto meccanismo di ritorno al riallineamento atlantico. Lo scenario incombente è quello di un conflitto globale di dimensioni e qualità ben diverse da quelli periferici, di natura neo-coloniale, che abbiamo vissuto nel corso di questi anni sugli scacchieri mediorientali, dell’Asia Centrale e dell’Africa. I temi decisivi sono quelli del movimento per la pace, della neutralizzazione del cuore dell’Europa, del disarmo: temi che sopravanzano quelli di natura più direttamente economica relativi all’interno dell’UE richiamando la sinistra occidentale a riassumere per intero un proprio ruolo internazionalista. In questo senso le elezioni greche assumono una centralità molto minore rispetto a quella che è stata a esse assegnata dai mezzi di comunicazione di massa: tanto più che, in un Paese periferico e molto mal messo da diversi punti di vista, non si verificherà alcun “strappo” rispetto alla realtà complessiva dell’Unione. Syriza non può rischiare una dimensione di tipo “allendista” e sicuramente provvederà a verificare i termini di accordo possibile con le centrali economico-finanziarie a livello europeo già durante la stessa campagna elettorale. Bipolarismo e geopolitica assieme al presentarsi, sul piano interno, di evidenti tratti di consolidamento del regime autoritario imperniato sulla Presidenza della Repubblica e sul governo Renzi, rappresentano i temi di fondo da affrontare subito cercando di sviluppare l’analisi più appropriata ma soprattutto l’azione politica meglio conseguente.