venerdì 5 giugno 2015

Sigmar Gabriel - Emmanuel Macron: Perché ci serve una doppia Europa

la Repubblica, 4 giugno 2015 Perché ci serve una doppia Europa di Sigmar Gabriel e Emmanuel Macron DA UNA frontiera all’altra dell’Unione Europea, dalla Grecia al Regno Unito, l’ideale europeo è messo in discussione. Nulla di strano se si considera che la terribile crisi degli ultimi anni ha messo a nudo due grossi punti deboli dell’architettura europea. IL primo è l’interruzione del processo di convergenza economica tra i Paesi dell’Unione, e in particolare quelli della zona euro. Non stiamo parlando di una difficoltà teorica: la disoccupazione è una realtà quotidiana per milioni di europei, in particolare i nostri giovani, che rischiano di diventare una generazione sacrificata. Il secondo punto debole sono le tensioni politiche: in seno agli Stati membri, dove sono in ascesa forze antieuropeiste, e fra gli Stati membri. La situazione greca e quella britannica, per quanto diverse, sono la dimostrazione che l’interesse generale dell’Europa e gli interessi nazionali sembrano divergere sempre più. In questo contesto, dieci anni dopo il no dei francesi al referendum sulla Costituzione europea, è tempo di riaprire il dibattito economico e politico. È tempo di rafforzare la zona euro nel quadro di una riforma più generale dell’Unione, un’Unione dentro la quale ogni Stato membro deve trovare posto. Noi auspichiamo vivamente che nei prossimi giorni si riesca ad apportare una soluzione alle difficoltà più pressanti della Grecia. Ma dobbiamo anche pensare fin d’ora al futuro dell’Europa. L’euro è stato creato sulla base di un accordo politico francotedesco, ma anche sulla base di un’ambiguità costruttiva tipicamente europea. Francia e Germania hanno quindi una responsabilità particolare per correggere i difetti della moneta unica. Alla fine degli Anni ‘80 avevamo un progetto politico comune che poggiava su obiettivi economici differenti: la Germania voleva garantire la sua riunificazione e sostituire il moribondo sistema monetario europeo con un meccanismo stabile, costruito sul modello della Bundesbank; la Francia voleva ancorare la Germania all’Europa e dare al nostro continente più strumenti per imbrigliare la globalizzazione. Questi obiettivi sono confluiti in direzione di un approfondimento dell’integrazione europea, ma hanno finito per mascherare i difetti di costruzione dell’unione monetaria. Ora è necessario correggere questi difetti, se vogliamo che l’euro mantenga la sua promessa di prosperità economica, e più in generale eviti una deriva dell’Europa verso uno scontento ancora maggiore e divisioni ancora più profonde. Per riuscirci, è indispensabile accelerare la costruzione di un’unione economica e sociale, accordandoci su un processo di convergenza per tappe successive. Per questo processo è necessario portare avanti le riforme strutturali (mercato del lavoro, attrattività per le imprese…) e le riforme istituzionali (in particolare per quanto riguarda il governo dell’economia), ma anche avvicinare i nostri sistemi fiscali e sociali (per esempio con salari minimi più coordinati o con un’ armonizzazione dell’imposta sulle società). Questo progetto renderebbe più forti le nostre economie, consentirebbe di mettere i Paesi della zona euro su un piano di parità e di arrestare la corsa al ribasso che oggi imperversa attraverso concorrenza fiscale, dumping sociale e svalutazioni interne non collaborative. Avvicinerebbe le nostre economie, migliorerebbe le nostre potenzialità di crescita e permetterebbe di stabilire quali politiche dobbiamo centralizzare, armonizzare o semplicemente coordinare all’interno zona euro. Questo processo di convergenza fra gli Stati membri getterebbe le basi di un bilancio comune per tutta la zona euro, condizione indispensabile per l’efficacia dell’unione monetaria. Oggi la zona euro poggia innanzitutto su regole che mirano a garantire la disciplina di bilancio. Queste regole sono importanti, ma nulla garantisce che la somma delle politiche di bilancio nazionali condurrà a una situazione ottimale per la zona euro nel suo complesso, sia nei momenti di crisi sia nei periodi di crescita. È importante quindi dare alla zona euro una competenza di bilancio al di sopra dei bilanci nazionali, che ci consenta di mettere in campo stabilizzatori automatici e adattare la nostra politica di bilancio al ciclo economico. In un primo tempo, la competenza di bilancio della zona euro potrebbe essere sviluppata nel quadro del piano Juncker, per finanziare progetti di investimento (infrastrutture, reti intelligenti, investimenti di rischio…). In un secondo momento, potremmo creare per la zona euro un bilancio a tutti gli effetti, che avrebbe due elementi: uno di “produzione”, per sostenere gli investimenti, e uno di “stabilizzazione”, con stabilizzatori automatici a livello europeo. Questo bilancio disporrebbe di risorse proprie (per esempio una tassa unica sulle transazioni finanziarie o una frazione di un’imposta armonizzata sulle società) e della capacità di emettere obbligazioni. Questo bilancio comune della zona euro non potrebbe e non dovrebbe dispensare gli Stati membri dall’obbligo di rispettare la disciplina di bilancio. Per rafforzare l’equilibrio bisognerebbe introdurre un quadro giuridico comune per la ristrutturazione ordinata dei debiti pubblici nazionali, se dovesse rendersi necessario, come ultima istanza, ricorrere a una misura del genere. Tutto ciò consentirebbe di responsabilizzare i Paesi che beneficiano dell’aiuto degli altri Stati membri, evitando al tempo stesso misure di austerità inappropriate quando il peso del debito non è più sostenibile. Contemporaneamente, il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) verrebbe integrato al diritto comunitario, trasformandosi in un vero e proprio Fondo monetario europeo. La zona euro in questo modo poggerebbe su istituzioni comuni più forti, in grado di adattarsi alle situazioni nazionali e alle circostanze economiche. Per garantire il buon funzionamento di queste istituzioni, l’Europa deve apportare soluzioni al deficit di democrazia e alla difficoltà di operare decisioni. Concretamente, le nuove responsabilità affidate alla zona euro dovrebbero essere accompagnate da un maggior controllo democratico, arrivando per esempio a formare una “zona euro” in seno al Parlamento europeo. Un “commissario all’euro”, con competenza non solo su questioni di bilancio, ma anche su crescita, investimenti e occupazione, potrebbe incarnare questa zona euro rafforzata. Il rafforzamento della moneta unica non riguarda soltanto la zona euro. È qualcosa che è impossibile fare senza ripensare più in generale l’ Unione Europea, soprattutto perché dobbiamo essere capaci di rispondere a una domanda fondamentale: «Qual è il posto degli Stati membri che non fanno parte della zona euro?». Una zona euro rafforzata dovrebbe essere il cuore di un’Unione più stretta. Abbiamo bisogno di un’Unione più chiara e più efficace, con più sussidiarietà e una governance semplificata. Lo strumento fondamentale dell’integrazione europea è il mercato unico: bisogna quindi fare un ulteriore passo verso un mercato interno meglio integrato, con un approccio mirato su certi settori chiave, come l’energia o il digitale. Per un miglior funzionamento dell’Europa è necessario anche incrementare il sentimento di appartenenza comune. Sono i legami più stretti fra i cittadini che conferiscono legittimità alle istituzioni: serve quindi rafforzare la nostra affectio societatis . È per questo motivo, per esempio, che siamo favorevoli a una generalizzazione del programma Erasmus, consentendo a qualunque cittadino europeo, al compimento dei diciotto anni, di trascorrere almeno sei mesi in un altro Paese europeo per studiare o fare un apprendistato. La costruzione di questa nuova architettura dell’Europa è fondamentale, non solamente per produrre fin da subito politiche efficaci, ma anche per garantire la stabilità politica dell’euro e dell’Unione Europea nel lungo termine. Dobbiamo riconciliare l’interesse generale europeo e gli interessi nazionali. Il nostro obiettivo comune dev’essere rendere impensabile, per ogni Stato membro che voglia legittimamente difendere i propri interessi, concepire il proprio futuro al di fuori dell’Unione (o all’interno di un’Unione dalle maglie più larghe). Per raggiungere questo obbiettivo abbiamo bisogno di un’Unione solidale e differenziata. La Francia e la Germania hanno la responsabilità di aprire la strada, perché l’Europa non può aspettare più a lungo. Sigmar Gabriel è vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco. Emmanuel Macron è ministro dell’Economia francese

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