sabato 23 luglio 2016

Francesco Maria Mariotti: Monaco (e non solo)

Forse è brutto dirlo, anzi è sicuramente brutto, ma dobbiamo un po' "abituarci" ad attacchi come quello di Monaco, quale che sia la loro matrice. Non so se è il modo giusto di esprimerlo; vado "a spanne" e sono quasi certo che io per primo non sarei in grado di reagire con "saggezza"; ma possiamo farci forza con le cose quotidiane, cercando di convincere noi stessi che la nostra vita ha senso anche se dovesse concludersi in modo tragico, per colpa di un criminale neonazista, di un fondamentalista islamico, o cos'altro. Anche se ci venisse annunciato che questo è l'ultimo dei giorni, insomma, continuiamo a "giocare" come stavamo facendo poco fa. Senza farci travolgere dalle edizioni speciali dei tiggì, che alimentano la sensazione di insicurezza oltre misura; senza farci prendere dalla retorica della guerra (guerra che c'è; ma la retorica è tipica di chi non ha mai visto un vero campo di battaglia...); senza farci conquistare dal ricatto dell'"o con me o con il terrorismo", tentazione spesso presente in politica. Scansando il cinismo, ma anche lo stravolgimento del quotidiano. Lo ha detto molto meglio di me - dopo l'11 settembre 2001 - Tommaso Padoa-Schioppa, in un articolo che ripropongo. Buon gioco a tutti, dunque. Qualcuno sta distribuendo nuove carte, ancora. Francesco *** "Parte della risposta ai tragici fatti dell' 11 settembre dev' essere un intrepido e assorto ritorno al quotidiano operare, alla fiducia a scuola e in Borsa, alle normali conversazioni in casa e in ufficio. La capacità di liberarsi dalla minaccia del terrore che ha improvvisamente colpito il mondo dipenderà anche da come ciascuno, nel mondo, vivrà questo ritorno. Ciascuno nel mondo, perché miliardi di persone di tutte le età hanno visto le immagini del disastro, centinaia di milioni conoscono New York e ne hanno visitato le torri. In quello stesso martedì di settembre, nei minuti e nelle ore che seguirono l' attacco, in innumerevoli sedi pubbliche e private, dentro e fuori gli Stati Uniti, ci si riunì sgomenti, non sapendo che fare. Si decise che «il lavoro continua», business as usual. Per i più non era insensibilità, ma bisogno di una norma sicura, dunque di normalità. (...) Il lavoro è necessità e fatica; ma è anche sicurezza e riflessione. Nel ritorno al quotidiano vi sono consolazione e sostegno, ma anche difesa e riaffermazione della saggezza e della civiltà. Il ritorno al quotidiano diventerà una risposta intrepida se sapremo evitare l' insidia di due tentazioni, due forme di evasione dalla realtà, ugualmente pericolose: l' indifferenza nel quotidiano e lo sconvolgimento del quotidiano. Dovremo invece fare il possibile perché il pensiero di ciò che è avvenuto, la ricerca delle cause, la volontà di fare fronte impregnino il nostro quotidiano, facendone riconoscere insieme il valore e le mancanze, dunque le correzioni necessarie. Quando, durante un gioco, Ignazio di Loyola e alcuni suoi compagni si chiesero come avrebbero speso quell'ora se avessero appreso che era l'ultima della loro vita, chi disse che si sarebbe ritirato a pregare, chi che sarebbe corso dai suoi cari o avrebbe donato ogni suo bene ai poveri. Ignazio disse: continuerei questo gioco. A ciò che è accaduto occorrerà dare una risposta che si muova contemporaneamente su piani diversi: militare, politico, civile, culturale, economico. Comprendere quale debba essere la giusta risposta in ciascun campo è impresa ardua. Ancor più ardua e lunga sarà l' attuazione delle risposte. (...)" http://www.tommasopadoaschioppa.eu/mondo/ciascuno-nel-mondo

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