domenica 10 luglio 2016

Franco Astengo: Spacchettamento

SPACCHETTAMENTO “Ancora una volta, però, tutto nasce dal credere che con la Costituzione si possa giocare a piacimento di una parte e secondo le convenienze del momento: è questo l’errore di fondo che è stato commesso” di Franco Astengo Sta prendendo campo l’ipotesi dello “spacchettamento” dei quesiti e del rinvio del referendum confermativo delle deformazioni costituzionali. Si voterebbe su cinque quesiti riguardanti bicameralismo, elezione e composizione del Senato, elezione giudici Corte Costituzionale. Titolo V e rapporti stato – regioni, istituto referendario (numero firme occorrenti e quorum). In più si sta trattando per una modifica dell’Italicum nel senso dell’assegnazione del premio di maggioranza alla coalizione e non a un partito. Così si eviterebbe, come scrive Dino Martirano sul “Corriere della Sera”, l’ordalia referendaria, il giudizio di Dio sulla riforma costituzionale Renzi – Boschi che rischia, secondo l’autore, di trascinare il paese in uno scontro frontale dagli esiti incerti. Tanto per andare per ordine si tratta, prima di tutto, di stabilire che l’ordalia è stata voluta dallo stesso Presidente del Consiglio e dal suo “giglio magico”: è questo un punto irrinunciabile da tener fermo assieme all’espressione della necessità che chi ha combinato questo solenne pasticcio (per usare un eufemismo) paghi un concreto prezzo politico. Si tratta di un’operazione molto delicata perché l’operazione spacchettamento potrebbe fornire un esito referendario “a macchia di leopardo” e potrebbe richiedere, alla fine, nel bilanciamento tra punti di eventuale prevalenza del “no” e altri di eventuale prevalenza dei “si” una complessiva riscrittura coerente con un quadro riformatore di riferimento. Tra l’altro l’operazione spacchettamento avverrebbe in una forma del tutto interna alle logiche di palazzo, attraverso la sottoscrizione e la presentazione dei nuovi quesiti da parte di deputati e senatori, essendo molto problematica la raccolta, da parte di tutti i soggetti interessati, delle 500.000 firme necessarie entro il 14 Luglio. In ogni caso se entro la sera del 14 Luglio un comitato popolare o un gruppo di parlamentari (1/5 di deputati o 1/5 di senatori, ma secondo la Costituzione potrebbero muoversi anche 5 consigli regionali) chiederà lo spacchettamento l’ufficio centrale della Cassazione ha 30 giorni di tempo per accettare o respingere la richiesta. Nel primo caso i tempi di celebrazione del referendum, seppure depotenziato dall’effetto spacchettamento, rimangono quelli previsti tra ottobre e dicembre 2016. Se invece lo spacchettamento sarà giudicato inammissibile la faccenda si complica e compare uno scenario inedito che potrebbe prevedere, a giudizio di Giuliano Amato oggi giudice costituzionale, il sollevamento di un conflitto di attribuzione con la Corte di Cassazione e quindi il rinvio del tutto presso l’Alta Corte, con tempi tutti da determinare. Ancora una volta, però, tutto nasce dal credere che con la Costituzione si possa giocare a piacimento di una parte e secondo le convenienze del momento: è questo l’errore di fondo che è stato commesso in quest’occasione (errore reiterato, in verità, dal tempo della Bicamerale D’Alema e, poi, dalla riforma Berlusconi bocciata con il referendum del 2006). Questa volta però c’è di più: le orgogliose truppe renziane del decisionismo, della “vocazione maggioritaria”, della “rottamazione”, delle “elezioni che la sera della domenica si sa chi vince e che governa per 5 anni” stanno risalendo in rotta disordinata le valli della loro sconfitta , della loro arroganza, del loro pressappochismo, della loro sfrenata voglia di potere. La politica dovrebbe essere una cosa seria e per un certo periodo in Italia lo è anche stata, poi questo senso di serietà si è smarrito travolto dal personalismo, dalla voglia dell’apparire, dal coprire tutto con un rinnovato ottimismo da nazionalismo arditesco – futurista; un ottimismo contrario alla ragione. Oggi questo maldestro tentativo sembra in forte difficoltà. Propongo al Comitato per il No della Democrazia Costituzionale di tenere ferma la propria opposizione complessiva, di non cadere nella trappola delle concessioni parziali, del timore del “dopo” apparentemente incerto. Anzi sarà dal prevalere di un NO democratico, legato davvero ai valori della Costituzione (non certo il NO della destra e del M5S tanto per distinguere opportunamente) che potrà nascere un nucleo di vero rinnovamento nella crisi verticale della democrazia, in Italia e fuori d’Italia.

5 commenti:

claudio ha detto...

mah...lo spacchettamento in 5 quesiti, roba da addetti ai lavori, combinato all’ultimo minuto da approssimativi e frettolosi parlamentari provocherebbe sicuramente referendum non validi per scarsa partecipazione. Come quelli di Pannella quando aveva la frenesia referendaria: han cominciato a non andarli a votare e han proseguito non raccogliendo il minimo di firme, mentre il “vate” vaneggiava di continuare a moltiplicarli all’infinito. I referendum sono una faccenda delicata, devono essere semplici, chiari e condivisi, su argomenti sentiti come di interesse generale, come la repubblica, il divorzio, l’aborto, l’acqua pubblica. Adesso si sta diffondendo l’idea di governare anche i comuni a colpi di referendum. A parte che così le scuole sarebbero sempre chiuse, non siamo un cantone svizzero ma una grande nazione con 60 milioni di abitanti, e i problemi non si risolvono nè col politichese nè col referendese.
Tanto per notizia, il PD non credo sia riuscito a raccogliere le firme popolari per i referendum costituzionali: il partito non c’è più, nel senso che gli iscritti che si mobilitano sono sempre meno e non ci sono neanche i volontari per fare i banchetti su una questione così astrusa e astratta. Vado a memoria, ma l’unico banchetto, forse, è stato fatto il primo maggio, e solo in quest’ultima settimana si poteva andare in federazione, molto scomoda e fuori mano

mimmo ha detto...

Lo spacchettamento è una richiesta da tempo avanzata da alcuni illuminati costituzionalisti.
Astengo tenta di riproporre uno schema ultra noto, quello
della politica trascendente, dove l’evoluzione del pensiero si consuma in una sterile dialettica delle origini piuttosto
che affrontare l’immanenza presupponendo una conoscenza della realtà dinamica.
E’ del tutto vidente he la Costituzione così com’è non è più in grado di indirizzare in modo adeguato la realtà dei singoli
Municipi a valle del Decreto Del Rio 2015.
Poiché il modello a cui si riferisce la Costituzione, è un modello d’antan, il sostenere e adottare i vincoli che ne derivano, comporta una inversione nei processi di
legittimazione e di delegittimazione.
La Costituzione così com’è finisce per fungere da ostacoli o ad ogni rinnovamento possibile del modello di democrazia restando a privilegiare l’impedimento alla governance, rispetto al suo esercizio naturale.
il vulnus tipico del nostro sistema è la distanza abissale tra teoria e realtà. il che determina una profonda differenza tra democrazia teorica e realtà del diritto do ogni cittadino ad essere considerato titolare di diritti.
Tutto è piu arzigogolato in ossequio ad una inflazione di interpreti, senza eguali, nell’intero sistema europeo e non solo, il che impedisce di condividere la realtà in ossequio alla sua strumentale interpretazione.


Coloro i quali chiedono lo spacchettamento, peraltro incerto numero di illuminati costituzionalisti, vogliono sottrarre il tema al pregiudizio ideologico e non solo di quanti ritengono che il giocattolo non debba essere toccato,
pena la riduzione del loro spazio per esistere politicamente.
La separazione degli argomenti aprirebbe alla possibilità di chiedere agli italiani di cosa pensino realmente su ogni singolo aspetto e quindi fornire un quadro di insieme che sin qui è stato negato da presunti interpreti nonché da
da un sistema di prevenzione ad ogni forma di modificazione.

franco ha detto...

Difatti, il mio intervento è di assoluto rifiuto dello spacchettamento allo scopo di ottenere il rigetto dell’intero provvedimento. Considerare la Costituzione d’antan è l’inganno che propongono quanti vogliono un potere incontrollato di dominio da parte di presunte èlite ormai incapaci di leggere la realtà delle contraddizioni sociali in atto. Altro che nuovo modello di governance!! Grazie per l’attenzione Franco Astengo

mimmo ha detto...

La Costituzione così non regge, senza aggiustamenti o modifiche ricorrerebbe ad una virtuosità che in 70 anni non c’è’ stata e non ci potrà mai essere per la sommatoria di corporazioni ereditate
dal fascismo e non solo (due per tutte regolamentazione dei partiti e dei sindacati incluso il diritto di sciopero).
Per non pensare alla tortuosità assurda dl percorso di costituzionalità, il cui processo crea mostri di interpretazione e contraddizione della democrazia e già questo è un vulnus che togli credibilità ad ogni istituzione che
legifera e norma ed i ripudi che spingono la gente a considerarli inutili per la loro utilità, riconducibili a 2 macro famiglie, il ripudio per lontananza e quello per la Lentezza.
Se qualsiasi organismo economico, sociale, produttivo pretendesse di funzionare secondo schemi, modelli organizzativi, tempi decisionali di 50 anni fa, sarebbe già da tempo fallito o in attesa del fallimento, ed è quello che succede ai partiti
rimasti inchiodati ai propri riti e che succede ai sistemi elettivi che vedono la partecipazione assottigliarsi continuamente a prescindere dal giudizio di merito che si dovrebbe valutare.
Chi ignora è giusto che venga messo a conoscenza (vedi spacchettamento) in modo che possa giudicare, il buttar via l’acqua sporca col bambino è un classico di una concezione della politica trascendente, cui ogni delusione lerode credibilità e consenso.
Il tutto o niente non è da riformisti, così come non lo è voto no per mandare via Renzi, come se dopo Renzi il problema non si porrebbe, e ricordo che fu Craxi, non certo il primo, ma solo apparentemente il più veemente, a porre il problema di una governance a rischio, per impedimenti di governabilità.
E poiché la governabilità è una componente indotta dal sistema di relazioni e condizionamenti in cui il Paese è inserito, il non porlo come questione centrale sogni fica tendere ad una visione autarchica, che fu affibbiata solo alla destra, mentre è largamente presente in una sinistra che senza uno sfogo autarchico finirebbe per presentarsi con la faretra vuota.

roberto ha detto...

Non capisco cosa abbiano a che fare certi ragionamenti con la cultura e la tradizione del Socialismo italiano.
Lo stesso Craxi, che tra l' altro ha sempre sostenuto l' intervento pubblico nell' economia, quando parlava di riforma istituzionale alla fine si limitava proporre una soglia di sbarramento al 5%...

Quando si parla di Costituzione non è questione di tutto o nulla, se le modifiche costituzionali che si vorrebbe oggi introdurre sono ritenute, anche solo in parte, censurabili, se la legge è scritta male e rappresenta in realtà una complicazione istituzionale non si puo' ritenerla comunque un passo avanti. Si respinge ed eventualmente se ne fa un' altra più condivisa.
Qui poi si tratta di decidere su un assetto istituzionale che sostanzialmente finirebbe per concentrare il potere in poche mani, così trasformando di fatto, anche se surrettiziamente, una repubblica democratica di tipo parlamentare in un stato oligarchico di stampo leaderistico.
Che poi l' attuale assetto non piaccia ai mercati ce l' ha già detto la JP Morgan col noto documento del 2013.
Se quella è ineluttabile modernità...