domenica 13 novembre 2016

Franco Astengo: Referendum

UNA RIFLESSIONE SULLA CAMPAGNA REFERENDARIA di Franco Astengo L’andamento della campagna referendaria appare del tutto distruttivo rispetto a ciò che è rimasto in piedi del disastrato sistema politico italiano. Si sono, infatti, innestate dinamiche del tutto particolari con livelli di conflittualità verbalmente molto alti ma in realtà del tutto inutili a fini del determinare una corretta valutazione da parte dell’opinione pubblica: la responsabilità maggiore, naturalmente, spetta al Governo che usa le leve istituzionalmente a disposizione come una clava ma ci sono anche evidenti responsabilità da parte dell’opposizione. La manifestazione di oggi a Firenze di una parte del centro destra ne è stata la manifestazione più evidente. Confusione massima ed esito assai incerto sul piano delle prospettive politiche: incerto e financo pericoloso soprattutto perché alcuni punti essenziali non sono stati minimamente sfiorati pere far luogo alla propaganda più becera. Non si sente, infatti, parlare, di temi come quello del tutto decisivo della centralità del Parlamento messa definitivamente in discussione dal combinato di tre elementi: il premio di maggioranza nella legge elettorale, la riduzione del numero dei senatori e il mantenimento nel numero dei deputati; la fissazione (a livello costituzionale!) di termini di approvazione per i ddl del governo che lede le prerogative del presidente della Camera e della conferenza dei capigruppo e modifica “de facto” (ripeto a livello costituzionale) i regolamenti parlamentari, ledendo quindi l’autonomia del Parlamento stesso. Così come sono lese le prerogative delle Assemblee a tutti i livelli con la fissazione, in Costituzione, di tetti per le indennità di carica, materia palesamente estranea al contesto costituzionale. Si tratta soltanto di esempi, ai quali se ne può aggiungere ancora uno: pochi giorni fa il tribunale di Milano ha respinto il ricorso presentato da Valerio Onida circa la formulazione del quesito, asserendo che l’eventuale “spacchettamento” avrebbe affidato al corpo elettorale un compito “sostitutivo” della funzione legislativa esercitata dalle Camera. Non è quanto sta avvenendo, invece, nel concreto della campagna elettorale da parte del Governo che invita a votare in sostanza per l’apertura di un nuovo ciclo della Repubblica facendo proprio della dicotomia vecchio /nuovo il punto di riferimento per l’espressione del SI? Questo elemento del vecchio /nuovo (addirittura tirato fuori per collocare dalla parte del Sì anche la dinamica riguardante l’elezione di Trump negli USA) è del tutto al di fuori dai temi all’interno dei quali dovrebbe svolgersi il confronto elettorale. Siamo di fronte ad una palese violazione, nei fatti, della dinamica politica repubblicana anche in relazione agli stessi scopi dichiarati in Costituzione di modifica attraverso l’articolo 138. Bisogna dire che, nella discussione parlamentare, c’è stata totale disattenzione su questi punti, al limite del permettere proprio la formulazione di questo fuorviante quesito che si troverà stampato sulla scheda elettorale. Disattenzione che fa risaltare l’impreparazione della parte più cospicua dell’opposizione parlamentare. Ci sarebbe motivo per chiedere un intervento superiore che fermi tutto e rinvii legge e referendum. Tanto più che questo Parlamento che ha votato la deforma è illegittimo perché eletto con una legge dichiarata incostituzionale. L’Alta Corte, rigettando la legge elettorale del 2005, nella sentenza ha scritto che il Parlamento poteva andare avanti soltanto “per assicurare la continuità dello Stato”: decenza avrebbe voluto uno scioglimento rapido e nuove elezioni con il sistema proporzionale. Ma la decenza non sta di casa da queste parti. Questo non è possibile purtroppo. Di conseguenza per fermare tutto quanto non resta che votare chiaramente “NO” e bloccare questo processo del tutto distruttivo che rischia di consegnarci la continuità di un governo autoritario, personalistico, pericoloso. Lo stop alle deformazioni costituzionali sarà sacrosanto e mi pare l’unica discriminante valida in questo bailamme. Di riforme fatte male ed estremamente divisive non si sente proprio il bisogno in questo difficile momento sul piano interno e, soprattutto, su quello internazionale.

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