sabato 10 dicembre 2016

Franco Astengo: Monte dei Paschi verso la nazionalizzazione

MONTE DEI PASCHI VERSO LA NAZIONALIZZAZIONE ( a cura di Franco Astengo) Di seguito una sommaria ricostruzione giornalistica su parte della tragica vicenda bancaria italiana, quella che il Governo ha affrontato all’insegna dell’ottimismo e del libero mercato. Adesso si va verso la nazionalizzazione del Monte dei Paschi di Siena, banca simbolo della malversazione eseguita in nome della nuova economia finanziaria da parte di entusiasti neofiti liberisti che hanno agito per anni sulla pelle di correntisti e piccoli azionisti. Intanto rimane in piedi la questione delle Popolari e le vicende di banche, come la CARIGE, andate in crisi per crediti inesigibili dovuti a distribuzioni clientelari di denaro in collegamento con una politica altrettanto clientelare. Speculazione, Finanza Allegra, Clientelismo: la Trimurti di un capitalismo italiano che è difficile persino definire “straccione” , composto da piccoli inghippi, consorterie( “consorteria”, non a caso, era la denominazione del gruppo dei deputati toscani nel primo Parlamento unitario), connubi non casti con il potere politico. Questi sono i risultati a danno dei risparmiatori e dell’insieme dell’economia italiana di un sistema perverso che a capo una Banca d’Italia dimostratasi (come nel caso di Banca Etruria) incapace di svolgere la sua funzione. Responsabilità gravissime del Governo e della sua spocchiosa arroganza che ha dato fiato e spazio a speculatori di vario genere. Così era stato presentato il “Piano Morelli”: Comincia oggi la nuova vita del Montepaschi. Il piano industriale dell’amministratore delegato Marco Morelli — discusso in giornata dal consiglio e presentato al mercato domani mattina — mostrerà il possibile volto industriale dell’istituto senese nei prossimi anni. Tutto in funzione del futuro assetto di governance: sia in autonomia, con azionisti stabili che indirizzino la banca, sia all’interno di un altro gruppo bancario. C’è grande attesa e in Borsa l’azione Mps ha aperto guadagnando il 13 per cento e tornando a superare quota 30 centesimi. In una settimana Mps ha guadagnato il 58 per cento.(24 Ottobre) Questo l’esito ( 9 Dicembre) La Bce ha respinto la richiesta di Mps di concedere più tempo per l'aumento di capitale. La notizia, attesa con il fiato sospeso da Piazza Affari, è stata diffusa da fonti finanziarie alle agenzie di stampa, mentre dalla banca si fa sapere che non sono ancora giunte comunicazioni ufficiali. Dall'Eurotower la posizione ufficiale è di "no comment", come sempre accade nei confronti delle banche vigilate. Le motivazioni della decisione del board del Meccanismo di sorveglianza, che andranno presto ratificate dal direttivo della Bce, non sono ancora ufficiali. E toccherà alla banca senese renderle note al termine del consiglio di amministrazione in corso (già convocato prima delle notizie odierne). Ma da quanto si apprende, ruotano attorno a due argomenti. Il primo è che gli investitori privati cui da questa estate i banchieri senesi sottopongono il dossier hanno avuto un tempo cospicuo per prendere una decisione, che finora non è ancora arrivata neppure da quanti si sono mostrati più possibilisti, come il fondo del Qatar e gli hedge fund Soros, Paulson, Atlas. Il secondo motivo per cui la vigilanza non ha concesso più tempo è che si ritiene che l’incertezza del quadro politico apertasi con la sconfitta del "Sì" alla riforma costituzionale, cui sono seguite le dimissioni di Matteo Renzi, potrebbe durare ben più dei 20 giorni che mancano alla fine del 2016, che rappresentava la data ultima del primo impegno preso da Mps per vendere i suoi 27 miliardi di sofferenze creditizie e ricapitalizzare. Per questo l’Eurotower negli incontri di ieri e di oggi avrebbe preferito tagliare la testa al toro, e decidere per una strada – quella della nazionalizzazione – che mette in sicurezza la banca senese nel più breve tempo possibile. Sempre entro il 31 dicembre dunque Così le prospettive di governo ( 9 Dicembre) Il salvataggio del Monte dei Paschi non è l'unico tema bancario al centro dell'agenda del governo, che ha nodi irrisolti da sciogliere. Le Popolari da trasformare. Per quanto riguarda le banche popolari, il quadro è stato complicato dalla decisione del Consiglio di Stato di congelare parte della riforma. I giudici si sono concentrati in particolare sulla facoltà data alle banche di evitare il rimborso per i soci che chiedono il recesso nell'ambito del cambio di statuto: non sono infondate le rimostranze di alcuni soci sul punto e bisognerà dunque attendere il verdetto della Consulta. Questo apre a diversi scenari: se la disposizione introdotta da Bankitalia fosse dichiarata incostituzionale, cosa accadrebbe per chi si è già trasformato in Spa. E per chi lo vuole fare? I primi effetti si sono già visti sulla Popolare di Bari e di lì probabilmente sulla Popolare di Sondrio: l'assemblea della prima, convocata proprio per trasformarsi in Spa, è stata rinviata al 27 dicembre. E' quella la data ultima che le popolari hanno per cambiare pelle, secondo l'attuale riforma. Anche in questo caso, dunque, i tempi sono stretti. L'intervento normativo allo studio del governo dovrebbe puntare dunque a dare una base giuridica solida per salvaguardare le banche che già hanno compiuto il processo. Per il futuro, però, non è escluso che si torni ad alzare l'asticella oltre la quale scatta l'obbligo di trasformazione: dagli attuali 8 miliardi di attivi, arrivare a 30 miliardi. Se ne parlò nell'ambito della discussione sulla legge di Bilancio, ma i relativi emendamenti finirono nel nulla di fatto e con il congelamento del testo al Senato, dopo la crisi di governo, non sono stati più toccati.

2 commenti:

claudio ha detto...

Caro Astengo, i neofiti liberisti nel caso di Monte Paschi centrano poco, o almeno centrano solo nell'ultimo periodo.
La questione MPS risiede tutta nella sua vocazione ad essere la banca-tesoreria del PCI-PDS-DS-PD, che ha portato il Partito ad essere egemone nella sua gestione e nella conseguente malagestione da parte dei Consigli di Amministrazione di rigida osservanza partitica (che so Mussari ad esempio), CdA nominati a stragrande maggioranza dalla Fondazione gestita e manovrata dal Comune di Siena (sempre a stragrande maggioranza del suddetto Partito).
Proviamo ogni tanto a dire le cose come stanno.
Fraterni saluti
Dario Allamano

maurizio ha detto...

E se le due tesi non fossero in contraddizione fra loro, ma invece si integrassero, dicendo sostanzialmente la stessa cosa?
In fondo gli entusiasti neofiti liberisti di cui parla Astengo non sono stati e non sono tuttora i dirigenti del partito citato da Allamano ed i loro uomini di fiducia, come il già ricordato Mussari? Con una precisazione: il PCI, con tutti i suoi difetti, era un partito serio ed in certi posti non metteva degli avventurieri incapaci, ma dei professionisti. Così come facevano gli altri partiti della tanto famigerata Prima Repubblica. Che fra l'altro aveva un sistema bancario ben più solido, forse perché in larga misura pubblico e rigorosamente diviso fra banche d'affari e banche di deposito ordinario (ma questo era merito di Beneduce e della sua legge bancaria del 1936).
Maurizio Giancola