venerdì 20 gennaio 2017

Andrea Ermano: Ombre e luci di inizio anno

Ombre e luci di un inizio d’anno inquieto di Andrea Ermano dall'Adl Pessime notizie dal Centro Italia. La neve, il freddo, le ulteriori scosse sismiche, gli ulteriori crolli: come in guerra si contano morti e dispersi. Forse la notizia più brutta, però, è l’avvilimento delle popolazioni che attendevano un nuovo inizio. Non quest’altro disastro. Dopodiché, certo, la protezione civile, le forze armate e il volontariato mostrano ancora una volta di sapere affrontare l’emergenza. È tempo di solidarietà, non di molte parole. Ma “dopo”? Bisognerà discutere sulle politiche di lungo periodo. Solo un “Servizio civile nazionale” in grande stile potrà allora in­ne­scare quegli interventi che da decenni andrebbero affrontati, ma che poi vengono sempre rinviati perché lo Stato non ha i soldi e il Mercato se ne disinteressa. In questo contesto, l’istituzione di un grande “Servizio civile” costituirebbe una doppia buona azione rivoluzionaria, perché assorbirebbe un bel po’ di disoccupazione giovanile e metterebbe finalmente in opera le misure necessarie al governo del territorio. È una buona notizia che i richiedenti asilo (i quali hanno dietro di sé situazioni umane analoghe a quelle di chi subisce un terremoto) verranno impegnati in lavori socialmente utili, come ha detto il ministro Minniti. Una buona notizia, a patto che essa preluda all'istituzione di un vero e proprio "Servizio civile migranti". Solo un'accoglienza effettiva, cioè umana e ben organizzata, ci salverà. L'Italia, del resto, ha tutto l'interesse a tramutare le spinte migratorie in apporti per la compensazione del proprio deficit demografico nonché in un volano di buone relazioni con i popoli dell'Africa e del Mediterraneo. L'istituzione di un "Servizio civile migranti" potrebbe essere la risposta giusta alle pulsioni populiste che dilagano. In tema di populismo, veniamo a Trump. Dopo oltre trent'anni di speculazioni finanziarie che si sono assommate in migliaia di miliardi tolti al popolo americano tramite la delocalizzione e il dissanguamento dell'economia reale, un signore di nome Donald, sceso in campo dal suo mega-grattacielo a Ovest di Paperino, è riuscito a intercettare la rabbia della gente e a farsi affidare la valigetta con i codici nucleari: da domani deterrà un reale potere di vita e di morte su tutti noi. Speriamo bene. Per intanto, The Donald attacca la Nato e l'Europa dichiarando che l'America non sa che farsene di questa UE. Al netto del tono inaudito, c'è da comprendere, tuttavia, che esiste un sentimento profondo nelle famiglie e nelle classi dirigenti USA (e UK). Potranno, gli anglo-americani, accettare di avere pagato un così alto tributo di sangue al nostro continente, sui campi di battaglia di due guerre mondiali, per stare ora a guardare la grande potenza economica europea che si allinea alle esigenze della bilancia commerciale tedesca in un potenziale contrasto con gli interessi dell'Occidente? cid:image015.jpg@01D271CB.EE080B10 Inquadratura di Salvate il soldato Ryan, celebre film di Steven Spielberg del 1998 No – liebe Freunde der Vernunft – questo scenario, gli anglo-americani non potranno accettarlo facilmente. E non l'accetteranno nemmeno i russi (di qui, tra parentesi, si vede bene in quale tenaglia geopolitica va pilotandosi l'UE di oggi, UE che Romano Prodi giudica "morta"). Di questi sentimenti anglo-americani profondi il vecchio cancelliere socialdemocratico Helmut Schmid era ben consapevole. In Italia la questione è stata recentemente riportata alla memoria da Carlo Galli, filosofo prestato alla politica, in un dibattito con il professor Gian Enrico Rusconi sul libro di quest'ultimo dedicato all'egemonia tedesca in Europa. La fragilità di questa egemonia è ben riassunta dalle parole dell’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer: “Ci siamo svegliati e improvvisamente ci siamo accorti di avere un ruolo da leader, almeno in Europa, ma senza averne la voglia. Il paese non aveva la minima idea di che cosa volesse dire avere un ruolo egemone” (vedi scheda del libro al sito, Egemonia vulnerabile. La Germania e la sindrome Bismarck, Bologna 2016). Quanto a Trump, e stavolta con riferimento alla Nato, alleanza che egli definisce "obsoleta", par di capire che i partner europei, secondo il presidente eletto, dovrebbero mettere mano al portafogli e impegnarsi di più. Come no. Tutti vorremmo poterci impegnare di più. Ma qui stiamo parlando di guerra. Laddove il diritto internazionale sancisce che la guerra è sempre illegale, fatta eccezione per la legittima difesa o per gli interventi militari autorizzati dal Consiglio di sicurezza dell'ONU. Invece, la Nato si è distinta in una serie di operazioni e interventi non motivati dalla legittima difesa del territorio di propria pertinenza né autorizzati dal Consiglio di sicurezza. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, e basti pensare al caos sanguinario provocato dalle guerre civili attualmente in corso lungo le coste del Mediterraneo con tragici contraccolpi "asimmetrici" nelle metropoli dell'Occidente. Un catalogo impressionante di violazioni compiute da stati dell'Alleanza Atlantica contro l'ordine pacifico mondiale sancito dall'ONU è stato raccolto dallo storico svizzero Daniele Ganser nel suo volume Illegale Kriege ("Guerre illegali", vai al sito della pubblicazione). La situazione è quella che papa Bergoglio ha più volte riassunto: "Una terza guerra mondiale a piccoli pezzi". cid:image007.jpg@01D27266.4DF295A0 Heri dicebamus… L’ADL del 15 maggio 1944 con un appello del Socialist Vanguard Group di Londra sull’Europa e la pace mondiale Certo, noi ci accorgiamo poco di tutto ciò, anche perché i nostri organi d'informazione osservano una certa autodisciplina mediatica di guerra, diciamo, fatta di autocensure e di manipolazioni. Così, un terrorista è definito "ribelle" (o un ribelle "terrorista") a seconda delle convenienze del caso, non per quel che fa o dice, ma in base alla sua momentanea (e talvolta casuale) accidenza rispetto alle strategie di questa o quella parte belligerante. Ciclicamente, partono appelli un tanto al chilo per "salvare" Bengasi o qualche altra città coinvolta in conflitti belluini, provocati, alimentati e armati da paesi Nato. Cioè da noi stessi. Prima istighiamo al caos più atroce. Poi ci proponiamo come "soccorritori", scrive lo storico Ganser. L'odierna autodisciplina mediatica di guerra prevede che, in nome della Pace e della Civiltà, si debbano inviare qua e là truppe "con gli stivali sul terreno", Boots on the Ground, come si usa dire. Pace. Cioè altra guerra. Civiltà. Cioè altri vecchi, donne e bambini morti, bombardati, gasati. E mai nessuno che si domandi da dove venga il gas. Non mancano, invece, dozzine di commentatori lesti a prendere la palla al balzo, dopo la sparata di Donald Trump sulla Nato "obsoleta": pronti a disquisire sul fatto che sì, in effetti, in quest'Europa panciafichista si spende "oggettivamente" troppo poco per andare in giro per il mondo a fare… la guerra. E allora ripetiamolo: la guerra è illegale, lo è sul piano del diritto internazionale e, per il nostro Paese, anche su quello della legittimità costituzionale. La nostra Costituzione, confermata dalla volontà popo­lare in due recenti referendum, stabilisce, infatti, che: "L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (Art. 11). In tema di Costituzione repubblicana, infine, c'è che tra qualche giorno la Consulta si pronuncerà sul cosiddetto "Italicum". Si tratta di una legge elettorale fondata sul pio(?) desiderio per cui la sera delle elezioni occorrerebbe sapere chi ci governa per un'intera legislatura. A parte che in questo modo si bypasserebbero allegramente le funzioni di rappresentanza, mediazione e controllo politico del Parlamento, la Presidenza del Consiglio verrebbe affidata a un uomo solo al comando, capo di capilista bloccati, catapultato a Palazzo Chigi da un premio di maggioranza incongruente. Come era già accaduto nell'azione contro il Porcellum – cui l'Italicum somiglia moltissimo – è Felice Besostri, avvocato socialista, a coordinare i ricorsi di costituzionalità. A lui e a tutto il pool di giuristi democratici anti-Italicum i nostri migliori auguri di successo: "Se le leggi elettorali sono costituzionalmente necessarie, devono essere necessariamente costituzionali".

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