martedì 6 giugno 2017

Paolo Bagnoli: Padri e figli (furbastri)

padri e figli (furbastri) paolo bagnoli Da Critica liberale Il nostro giornalismo è come il tempio di Giove serapide, si alza e si abbassa; fa bradisismo. Notizie, retroscena, mezze verità date come piene, titoloni e via dicendo riguardanti questa o quella notizia – e quasi sempre si tratta di reati o di presunti tali – improvvisamente scompaiono. La notizia si inabissa e chissà se tornerà a galla e come; insomma non è che interessi la notizia in sé e per sé, ma fare clamore, urlare, sparare titoloni, spargere insinuazioni altro che servire l’opinione pubblica che è, veramente, l’ultima preoccupazione di tale modo di fare giornalismo. Che questa sia la regola ne abbiamo, e ne abbiamo avute, numerosissime repliche. L’ultima è il caso Consip. Ci domandiamo. Dei tanti bravi sceneggiatori italiani chissà se qualcuno avrebbe potuto scrivere un copione avvincente e parimenti triste come quello della vicenda Consip. In esso c’è così tanto di spettacolare che si potrebbe addirittura pensare a una fiction. Pardon, l’argomento potrebbe inaugurare una nuova stagione del neorealismo ispirato alla seconda Repubblica; quella nella quale, ci viene spontaneo da osservare, i figli pensano al governo e i padri al sottogoverno. Probabilmente, al pari di tanti conclamati scandali, alla fine anche questo non risulterà tale e, sinceramente, ce lo auguriamo essendo la furia giustizialista e la gogna mediatica due negatività che denotano la forte decadenza del costume e della moralità del nostro vivere comune da tempo al limite di un cinismo incivile. La vicenda Consip, però, è una cosa seria. Su quanto essa ci squaderna, in attesa che la magistratura ci dica come la giudica, non si può da cittadini fare a meno di ragionare. Lo si dovrà fare ora e pure dopo poiché il passato ci ammaestra che spesso i risultati investigativi non reggono alla prova del diritto applicato. Ora, però, occorre ragionare sul presente. Ragionare, quindi, non giudicare. Diversi giorni orsono si è venuti a conoscenza di una telefonata fatta da Matteo Renzi al padre. E’ deplorevole e di fatto vizio congenito del nostro presente che quanto dovrebbe rimanere nei cassetti venga messo in piazza. Tutte le volte la recita è sempre la 9 067 05 giugno 2017 stessa; ipocrita e di maniera poiché è chiaro che, se dai cassetti delle procure o degli investigatori, esce quanto non dovrebbe, bisognerebbe domandarsi semplicemente chi è che ha la chiave del cassetto. Sarebbe così facile risalire alle responsabilità, ma nessuno sembra avere quella forza che lo Stato democratico dovrebbe avere per agire. Quindi, lasciamo perdere. L’impressione è che la telefonata sia stata fatta proprio per essere conosciuta. Infatti, il segretario del Pd, commentando la rivelazione., si è subito affrettato a dichiarare: “Politicamente ne esco rafforzato”. E’ vero. Che poi il rafforzamento ci sia saranno i fatti a dirlo. Ancora una volta Matteo Renzi ha dimostrato di essere bravo a padroneggiare i canali della comunicazione. Non potendo non sapere che l’utenza del padre era sotto controllo se ne deduce che l’iniziativa era stata studiata anche se riteniamo che non sia stata facile perché mettere in difficoltà il proprio genitore non lo è mai. Rimaniamo ai fatti. Il punto che ci sembra rilevante è che Matteo imputa al padre di non aver detto la verità. Testualmente: “Babbo devi dire tutta la verità ai magistrati. Devi dire nomi e cognomi. E’ vero che hai fatto una cena con Romeo? Io non voglio essere preso in giro e tu in passato la verità non l’hai detta a Luca (il ministro Lotti) e non farmi aggiungere altro. Stai rovinando un’esperienza.” Sono dichiarazioni forti da cui se ne deduce che a lui la verità risulta essere un’altra rispetto a quanto il padre ha detto a Luca Lotti. La domanda viene spontanea: quale è questa verità che può addirittura “rovinare un’esperienza”: vale a dire, il disegno politico che egli persegue. Sul chiaroscuro nel quale fino a oggi la vicenda Consip è avvolta, anche per le divergenze tra la Procura di Napoli e quella di Roma, cala un’ombra assai grande. Con quella telefonata Matteo Renzi sembra aver alzato uno scudo in merito a sviluppi così negativi per lui e per quanto rappresenta politicamente tali da rovinare, appunto, l’esperienza che sta cercando di metter in campo. Nell’immediato non perdere la sfida coi 5Stelle. La sua preoccupazione è sicuramente più che comprensibile. Rimane il dubbio che egli sappia quanto il padre non vuole dire. E ora che il dado è tratto non sarebbe meglio che facesse conoscere a chi indaga il proprio punto di vista? Spetta alla magistratura e ai suoi giudizi chiarire il tutto. Noi ci limitiamo a registrare, da cittadini che leggono i giornali, il livello avvilente cui siamo giunti e, con esso, la tristezza che s’impadronisce del nostro essere cittadini della Repubblica.

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